Evasore totale. Nessuna dichiarazione dei redditi presentata tra 2019 e 2024. Così faceva affari un ristorante di Campi Salentina: secondo i militari del Gruppo della Guardia di Finanza di Lecce ha “esercitato la propria attività omettendo di ottemperare a qualsiasi obbligo dichiarativo ai fini fiscali e al versamento delle imposte dovute”. Le verifiche erano partite in primavera da un controllo sul lavoro sommerso, che aveva fatto scoprire 7 lavoratori in nero. Poi l’esame approfondito della documentazione contabile e finanziaria e il riscontro di dati messi a disposizione dai fornitori hanno fatto emergere che la società – inizialmente ditta individuale cessata nel mese di novembre 2023 – operava senza dichiarare nulla all’erario.
I militari del Gruppo di Lecce hanno così ricostruito i ricavi in nero conseguiti dalla società e dalla stessa sottratti a tassazione per un importo di oltre 350mila euro. L’amministratore unico della società è stato segnalato alla Procura della Repubblica di Lecce per occultamento o distruzione di documenti contabili.
I ristoranti sono tra le attività meno affidabili dal punto di vista fiscale, stando agli Indici sintetici Isa utilizzati dalle Entrate. Come ricostruito dal Fatto Quotidiano a giugno, il 72% dei 95mila locali con ricavi sopra i 30mila euro ha redditi (ricavi meno costi) considerati “non congrui”. In media il loro imponibile annuo è sotto la soglia di povertà assoluta: 8.600 euro. L’83,4% in meno rispetto ai 53.400 euro su cui pagano le tasse i 26.370 imprenditori del settore ritenuti contribuenti fedeli. Nel 2019 i ristoratori con pagelle sopra l’8 guadagnavano mediamente di meno, 45.200 euro. Dunque dopo la pandemia si sono più che ripresi. Quelli sotto l’8 sembrano lavorare in un mercato diverso, dove il business cala: prima del Covid dichiaravano 13.100 euro.