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Se l’auto diventa questione politica: il sostegno di Musk a Trump rischia di penalizzare Tesla

Elon Musk ha intervistato Donald Trump su “X”, un confronto durato due ore e mezzo e per il quale è stato annunciato un seguito di un miliardo di visite. Il numero uno di Tesla non ha fatto mistero di sostenere il tycoon, ma ha offerto lo stesso spazio anche alla candidata dei democratici, Kamala Harris. L’attivismo procura visibilità al manager, ma non è chiaro se ne benefici anche il suo “impero”.

Prima Sixt e Hertz, le multinazionali dell’autonoleggio, e SAP, il colosso del software, e adesso Rossmann, l’azienda familiare tedesca che controlla una delle più grandi catene di farmacie in Europa di cui è azionista al 40% l’As Watson Group di Hong Kong, hanno infatti scaricato Tesla. Raoul Rossmann, il quasi 40enne figlio del fondatore, ha annunciato che la società rinuncerà alle elettriche del costruttore americano per ragioni “politiche”, ossia “l’incompatibilità tra le dichiarazioni del Ceo Elon Musk e i valori che Tesla rappresenta con i suoi prodotti”.

Il portavoce dell’azienda ha sottolineato come il manager di origini sudafricane non nasconda “il suo sostegno a Donald Trump”, che ha ripetutamente definito “una bufala” il cambiamento: “Questa posizione – ha rilevato Rossmann – è in netto contrasto con la missione di Tesla di aiutare a proteggere l’ambiente attraverso la produzione di auto elettriche”.

Dal punto di vista economico la decisione avrà un impatto irrilevante sui bilanci del costruttore americano, perché la flotta di Tesla in servizio è attualmente di 34 auto: i veicoli resteranno, ma non ne verranno acquistati altri. Le scelte, meno politiche e più “ragionieristiche” da parte di Sixt, Hertz e SAP, sono legati alla richiesta (non troppo alta) di noleggio di auto elettriche, ai costi di gestione (elevati) e al valore residuo (troppo altalenante) a causa dei diversi interventi sui listini.

L’entità delle ripercussioni del supporto a Trump sono più difficili da quantificare, anche perché in qualità di proprietario di “X” (ex Twitter) Musk può “dialogare” più o meno direttamente con quasi 190 milioni di seguaci. Il manager non si è mai preoccupato troppo delle sue esternazioni polarizzanti, ma una recente indagine condotta negli Stati Uniti permette di calcolare il costo in termine di reputazione a carico di Tesla. Tra gennaio e luglio, fra gli elettori democratici il favore è sceso dal 39% al 16%, mentre fra quelli repubblicani è calato dal 36 al 23%. Secondo un venditore americano, Mark Spiegel, citato da Yahoo, Musk si sarebbe alienato gran parte della propria base di clienti: “Finirà con l’uccidere l’intero business”.

I dati del primo semestre rivelano “solo” che a fronte di una flessione della produzione dell’8% (844.202 esemplari), quello delle vendite è stato del 7% (830.766: nell’intero 2023 le consegne avevano superato per la prima volta 1,8 milioni). L’impegno politico di Musk ha indotto anche il 78enne Robert Reich, già segretario del lavoro dell’esecutivo guidato da Bill Clintom e successivamente tra i consiglieri di Barack Obama alla Casa Bianca, a sollecitare una sorta di ostruzionismo. Lo ha fatto direttamente dalle colonne dell’Economist con un editoriale dal titolo significativo: “Elon Musk is spending millions to elect Trump. Let’s boycott his companies” (Elon Musk sta spendendo milioni per eleggere Trump. Boicottiamo le sue aziende). L’ex docente universitario ha chiuso l’articolo con una esortazione: “Usate il vostro potere economico. Boicottate Tesla e dite agli inserzionisti di boicottare X”.

Musk, naturalmente legittimato ad intervenire nel dibattito pubblico come chiunque altro anche se non è un utente qualsiasi e dispone non solo di un potere economico, ma anche di una visibilità e di una influenza planetaria, potrebbe anche nascondere una strategia di marketing. Per anni visionario santone del progressismo, la cui anima è sicuramente più sensibile alla mobilità elettrica, il manager potrebbe ora aver virato anche per ragioni commerciali, per andare a caccia di una nuova fascia di clienti, finora piuttosto refrattaria ai veicoli a batteria. Il Regno Unito, dove a proposito dei pesanti disordini a sfondo razzista Musk ha innescato una sfida mediatica con il nuovo primo ministro, il laburista Keir Starmer, potrebbe fornire indicazioni interessanti. Acquistare un’auto rischia di diventare un’azione politica.