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Stregherie: la mostra pop con amuleti, manuali dell’occulto, stampe e litografie che ritraggono le “streghe” nel corso dei secoli

L'esposizione resterà aperta al pubblico fino al 16 settembre

di Davide Turrini
Stregherie: la mostra pop con amuleti, manuali dell’occulto, stampe e litografie che ritraggono le “streghe” nel corso dei secoli

Se passate da Bologna entro il 16 settembre 2024 fate una capatina a Palazzo Pallavicini – c’è anche un’ottima gelateria di fianco all’entrata… – dove rimane ancora per un po’ in cartellone la mostra Stregherie – Iconografia, fatti e scandali delle sovversive della storia, curata da Luca Scarlini. Non aspettatevi però il classico tour storico-politico museale. Stregherie ha quell’allure da esposizione contemporanea pop, un bric-à-brac documentale (litografie, acqueforti, oggetti, libri, fotografie) che rievocano in un apparentemente disordinato e colorato sabba tutta la trasversale, iconica, misteriosa presenza delle cosiddette streghe attraverso i secoli (meglio sarebbe comunque inserire una mappetta orientativa temporale e geografica, un ventenne non sa di cosa si parla). Ora, anche qui, non andate a cercare tesi storiche proto femministe anni Settanta, la profondità di uno scandaglio metodologico acuminato e pastoso come quello di Carlo Ginzburg (di lui trovate comunque due suoi volumi in fondo al percorso, anche se manca il fondamentale I benandanti).

Come viene spiegato, e sembra un paradosso sì, durante la mostra, le streghe sembrano essere esistite davvero: “Stregherie rende giustizia al senso più pieno della parola “strega”, dichiarando che in un mondo che apparentemente ha rinunciato a ogni senso del sacro e a molti dei suoi antichi legami con la natura, esiste ancora, oggi come un tempo, una società di donne che si dedica all’occulto e che usa la magia per risolvere i problemi del quotidiano”. I curatori continuano: “Si diventa streghe per affermare la propria personalità, per sfuggire alle botte di un marito manesco, per insoddisfazione di sé, per impulsi erotici, per odio verso i propri nemici, perché attratte dalla luna o dalla potenza delle piante”. Infine, l’essere strega, sì lo stiamo scrivendo, e fatichiamo a pigiare i tasti, può essere (stata) “un’efficace e modernissima strategia di branding per sopravvivere”. Insomma, al bando tutto il fanatismo cattolico dell’Inquisizione. Di torture, confessioni, roghi ce ne sono, ma rispetto alla storia ufficiale sono pochini e mai esageratamente cruenti, nonostante i documenti descrivessero supplizi sulla carne viva inenarrabili.

Stregherie è più che altro un modo per creare una sorta di rispettosa, silente, incompresa sorellanza nei secoli. Se si pensa ai casi in mostra di Gentile Budrioli, astrologa e curandera per Ginevra Sforza nella Bologna dei Bentivoglio a metà quattrocento e finita al rogo o ad Ursolina la Rossa della Garfagnana finita sotto gli strumenti acuminati e roventi dell’Inquisizione di Modena a metà del cinquecento, sopravvissuta e obbligata a mostrarsi redenta per anni in pubblico, sembra quasi che l’attenzione dei curatori della mostra stia tutta verso una rappresentazione sfuggente dell’iniquo e assurdo strazio della carne per concentrarsi su quello mistico e irrappresentabile di un filo rosso resistenziale tra donne eccentriche e borderline. Ad ogni modo tra annuari di scienze occulte del Ventennio, manoscritti con magici scongiuri per sciatica e allontanamento dei demoni, il cartiglio che la strega toscana di nome Conti teneva nello scapolare, decine di inquietanti amuleti che arrivano direttamente dal Museo della Civiltà di Roma, appaiono vere e proprie chicche artistiche come le undici stampe di Francisco Goya, autentico catalogo di atti e figure della stregoneria che, come sempre nel pittore spagnolo acquisiscono quel senso di naturale inquietante mostruosità (ci sono anche bambini nudi sospesi per aria forse destinati a qualche rito sacrificale). Verso il fondo, superata la sezione locandine cinema (tanto Dario Argento, Rosemary’s Baby, Mario Bava e La strega con la compianta Marina Vlady) vi suggeriamo la caleidoscopica acquaforte settecentesca di Francesco Ciché. Mentre sul Piano di Sant’Erasmo a Palermo vengono bruciati vivi Fra Romualdo e Suor Gertrude in mezzo ad una folla immensa di spettatori plaudenti ci sono decine di banchi di ambulanti che vendono (già!) la loro merce.

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