Non abbiamo abbastanza consapevolezza di quanto fondamentale sia la protezione del nostro clima per l’economia. Non solo per i danni diretti che provocano gli eventi estremi, miliardi che poi lo stato non ha, ma anche per quelli indiretti e crescenti. Non solo per la devastazione dell’agricoltura, con raccolti rovinati, non solo per le industrie.
Prendiamo il turismo. Ormai il nostro paese è sotto assedio di un turismo di massa incontrollato, soprattutto perché i nostri amministratori non hanno nessuna intenzione di controllarlo, a differenza di altri paesi, tanto che per ora abbiamo solo misure palliative e forse anche inutili come i ticket di ingresso ai centri storici.
Le città vengono invase da rifiuti, gli affitti brevi spopolano i centri storici e fanno aumentare gli affitti, spiagge e sentieri sono presi d’assedio, con i parcheggi per andare alle vette e al mare ormai stracolmi e alberghi sold out. L’Italia sta diventando un paese basato sempre di più sul turismo, mentre l’industria italiana è in flessione. Questo ci rende molto più fragili ed esposti, perché, ad esempio, una nuova pandemia rischierebbe di mettere in ginocchio davvero l’intera economia.
Ma c’è un altro problema che continuiamo a non vedere: il clima rovinato. Ho letto che a Roma alcuni ristoranti sono costretti a chiudere per l’eccesso di caldo nelle cucine e non solo. A luglio e agosto le temperature stanno crescendo progressivamente, rendendo torride soprattutto le notti che dovrebbero dare refrigerio. Tutti ricordiamo la definizione del New York Times di Roma come “infernal city”, proprio a causa del caldo. E anche se ancora i numeri non indicano un crollo delle presenze, le tendenze di lungo periodo sono chiare: nelle città d’arte non si potrà più venire durante l’estate e d’altronde ben poco si sta facendo per rendere la vita meno torrida ai residenti (di cui poco importa a chi ci amministra, almeno a Roma) ma anche ai turisti.
La parola magica che i vari assessori al turismo ripetono come un mantra è destagionalizzazione. Far arrivare i turisti tutto l’anno. Ma è una soluzione che ricorda un po’ la possibile acqua in Sicilia che alcuni geologi avrebbero trovato. Una non soluzione, perché non porta con sé alcun cambio di mentalità, l’unico che potrebbe portarci fuori pericolo.
La crisi climatica sta andando così velocemente che probabilmente le temperature cresceranno sempre di più anche a settembre, e poi ottobre, e via dicendo. Non sappiamo esattamente come e quando avverrà ma già stiamo sperimentando un allungamento progressivo dell’estate, l’anno scorso fino a novembre quasi. Tutto questo dovrebbe spingerci a pensare diversamente, a porre rimedio in maniera urgente alla distruzione del nostro clima, quello che era il nostro vero patrimonio e di cui nessuno si sta occupando.
Del clima in Italia, di come il caldo torrido si sia preso ormai molti mesi l’anno, di come sia scomparso l’inverno, della siccità gravissima, della grandine e degli eventi estremi si dovrebbe parlare ogni giorno, dovrebbe essere al centro delle preoccupazioni di tutte le istituzioni e dei cittadini. Senza un certo clima, possiamo dire, non andiamo da nessuna parte noi e neanche il nostro turismo, se è vero che in tempi relativamente brevi sarà troppo caldo per venire in Italia.
E infatti, volano nel frattempo le vacanze nei paesi dell’Europa del nord, dove le estati sono fresche, in alcuni casi ricordano quelle degli anni Sessanta da noi. Sono paesi già ricchi per altri motivi e che ora si ritrovano anche un boom turistico quasi esclusivamente legato al clima.
Insomma, dovrebbe essere un buon motivo perché chi di turismo vive, ristoratori, albergatori, chi affitta case e così via cominci a preoccuparsi e cominci a pressare le istituzioni per fare qualcosa. Sembra purtroppo invece prevalere il qui e ora. Prendere il massimo che si può ora, tanto del futuro, pure vicino, poco importa. Una miopia estrema, di cui prima o poi si pagheranno i danni.
Perché con un clima rovinato l’Italia sarà sempre meno appetibile, con il rischio di diventare un’economia poverissima. E senza possibilità, a quel punto, di tornare indietro.