Non è lo screening a tappeto come avvenne per il caso di Yara Gambirasio, ma per scoprire chi ha ucciso Sharon Verzeni, accoltellata in strada a Terno d’Isola dopo la mezzanotte del 30 luglio, gli investigatori puntano sulla carta degli esami scientifici e delle tracce biologiche. I rilievi sui vestiti e sul corpo della vittima sono stati affidati ai militari del Ris di Parmaì. Ora gli investigatori hanno iniziato a profilare il Dna di diversi abitanti della cittadina bergamasca, in particolare quelli che abitano in via Castegnate, dove è avvenuto il delitto. Ma non solo, a essere convocati anche persone che erano vicine alla donna. “Hanno fatto il test del Dna a mia moglie e anche io mi sono sottoposto quando me l’hanno chiesto – ha riferito uno degli abitanti all’Eco di Bergamo che ha dato la notizia -. Per il test siamo andati in caserma. Nessun problema, non abbiamo nulla da nascondere. Anzi, ben vengano questi controlli“.
Le profilazioni continueranno anche nei prossimi giorni, una procedura che non può non far venire in mente il caso della tredicenne scomparsa nel novembre 2010 e ritrovata cadavere tre mesi dopo in un campo a Chignolo d’Isola (solo tre chilometri da Terno), in cui vennero profilati oltre 22 mila Dna per arrivare all’identità del suo assassino. Caso per cui venne condannato Massimo Bossetti.
Le convocazioni, a quanto risulta al Corriere, avvengono sulla base di parametri che sono indipendenti dal luogo di residenza e dall’appartenenza alla cerchia relazionale della vittima. Parametri sui quali, al momento, gli inquirenti mantengono il riserbo. Nessuno ha visto l’assassino di Sharon scappare, anche se i primi testimoni sono arrivati poco dopo l’aggressione, che Sharon stessa ha denunciato chiamando il 112, prima di accasciarsi. E non sarebbe stato ripreso mentre si allontana nemmeno dalle telecamere della zona. Una ipotesi al vaglio potrebbe quindi essere quella che la persona abiti nelle vicinanze. Continuano comunque anche gli accertamenti sul traffico telefonico di Sharon prima dell’aggressione. Il telefono della vittima, come riporta Repubblica, avrebbe generato traffico: chiamate o messaggi.