Sono troppi, causano danni all’agricoltura e sono un rischio per la sicurezza stradale. Con queste motivazioni la giunta della Regione Abruzzo, guidata dal presidente Marco Marsilio, ha dato il via libera al “prelievo selettivo” di quasi 500 cervi. In pratica la giunta di centrodestra dà l’ok ai cacciatori per abbattere 469 cervi a partire dal 14 ottobre. Una decisione che fa esultare i comitati di agricoltori e allevatori abruzzesi ma che causa la dura condanna delle associazioni animaliste. “Una scelta scellerata e dannosa per la biodiversità e l’immagine del nostro territorio”, la definisce il Wwf Abruzzo.

Nella delibera approvata l’8 agosto scorso, si legge che dai “dati sul monitoraggio delle popolazioni dei cervidi in Abruzzo” emerge “la presenza di un numero di capi più del doppio rispetto a quello del 2018, in termini assoluti”. La giunta regionale cita anche “gli impatti causati alle attività antropiche, in termini di danni alle colture e incidenti stradali per collisione da parte di cervidi con veicoli”. Da qui la decisione di abbattere 469 esemplari in 2 aree dell’Abruzzo aquilano (Comprensori 1 e 2) negli Ambiti territoriali di caccia di Avezzano, Sulmona, subequano, L’Aquila e Barisciano, al di fuori delle aree protette e della Zona di protezione esterna del Parco nazionale d’Abruzzo Lazio e Molise. Il calendario venatorio approvato prevede l’inizio della caccia da lunedì 14 ottobre e fino a sabato 15 febbraio per i cervi maschi giovani (da 12 a 24 mesi), subadulti (dai 2 ai 4 anni) e adulti (maggiori di 5 anni). Per i cervi piccoli (sia maschi che femmine con età inferiore a un anno), e per gli esemplari femmine giovani (da 12 a 24 mesi) e adulte (con più di 24 mesi di vita) la caccia si apre il 4 gennaio 2025 e terminerà il 15 marzo 2025. Il piano di prelievo che sarà effettuato esclusivamente da cacciatori abilitati – si legge nella delibera di giunta – è stato elaborato per “gestire gli animali presenti entro livelli compatibili di equilibrio con le altre componenti biologiche ed antropiche” e per “garantire il rispetto del principio della conservazione della specie”.

Preoccupati della decisione dell’esecutivo regionale sono gli animalisti che sottolineano che, in Abruzzo, alcuni paesi hanno costruito sulla presenza dei cervi la propria immagine identitaria e ne hanno fatto un motivo di promozione turistica. “Per accontentare un piccolo gruppo di cacciatori, verso i quali presidente e vice-presidente della Regione Abruzzo manifestano una sempre maggiore sudditanza, si abbandona impunemente la visione di un Abruzzo capace di convivenza con la fauna selvatica, e, soprattutto, si tradisce un modello di educazione ambientale e di tutela della biodiversità faticosamente delineato negli anni”, scrive il Wwf Abruzzo. “Leggeremo con attenzione i documenti pubblicati dalla Regione Abruzzo per valutare ogni azione possibile da mettere in campo per contrastare questa scelta”, sottolinea Filomena Ricci, delegata regionale dell’associazione animalista: “La gestione della fauna è questione complessa – aggiunte – che non può essere trattata come fosse un problema venatorio né si può ricorrere ai fucili come unica soluzione”. Per quanto riguarda i danni all’agricoltura e il rischio di indicenti stradali il Wwf sottolinea che sono “questioni sicuramente molto importanti e da tenere in grande e attenta considerazione”, ma “per limitare tali rischi sul territorio, le azioni da realizzare in alternativa sarebbero molteplici, mentre ci duole osservare come poche di esse siano state attuate nella nostra regione”.

Esultano invece le associazioni di allevatori e agricoltori. “Si attendeva questa misura da una decina di anni e finalmente è arrivata grazie alla Giunta Marsilio”, ha commentato Marco Finocchio, presidente de “L’Abruzzo in agris“: “Le aree interessate dall’intervento non sono sottoposte a vincoli ambientali e, nella maggior parte dei casi, erano coltivate dagli agricoltori a frumento, mais e patate oppure occupate da alberi di frutta, in particolare mele. Fondi, che purtroppo non sono stati più lavorati perché il raccolto era preda soprattutto di cinghiali e cervi, visti in gran numero in quelle aree”, ha concluso Finocchio. “La troppa concentrazione di cervi mette in pericolo l’Orso bruno marsicano perché è un antagonista alimentare di cervi e cinghiali”, ha dichiarato Dino Rossi, coordinatore di Cospa Abruzzo, comitato di allevatori della regione. “Non è giusto – ha aggiunto – che la fauna selvatica venga sfamata dagli agricoltori, il frutto delle nostre terre, buono e biologico, viene sempre più spesso divorato dai cervi”.

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