Ancora dati pessimi per l’economia argentina, sia dal fronte dei consumi, sia da quello della produzione. A giugno la manifattura del paese sudamericano ha utilizzato soltanto il 54% delle sue capacità, secondo quanto riferisce l’Istituto nazionale di statistica (Indec). Si tratta di un valore inferiore a quello registrato a seguito della crisi del 2001 e appena 1,2 punti percentuali al di sopra del livello registrato nel 2020 quando a causa della pandemia di nuovo coronavirus l’attività industriale fu completamente paralizzata. Rispetto a giugno dello scorso anno il calo è del 14,1%. In precedenza l’Indec aveva diffuso anche i dati dell’attività industriale di giugno, mostrando un calo del 19,5% su anno e del 5,7% su mese. Si tratta del tredicesimo calo mensile consecutivo e, anche in questo caso il valore più basso dal 2002.

Stando a quanto riporta il quotidiano locale Pagina 12 i consumi nei supermercati e stabilimenti commerciali sono scesi in luglio del 16,1% su anno e del 4% su mese. Il giornale pubblica uno studio della società Scentia in cui riferisce di “una catastrofe mai vista prima”. Nei primi sette mesi dell’anno i consumi sono crollati del 9,4%. La contrazione è dovuta al deterioramento del potere di acquisto di pensioni e degli stipendi, insieme all’aumento dei tassi di interesse. Lo scenario – sottolineano gli specialisti – è peggiore di quello del 2001, anno successivo al default e del 2020, influenzato dalla pandemia di nuovo coronavirus.

Il governo di Javier Mileinon ha ancora delineato un piano economico”, ma occorre che lo faccia “in tempi brevi”, avverte l’economista Gerardo Della Paolera, più volte elogiato pubblicamente dallo stesso presidente argentino. “Un piano economico dà sicurezza e orizzonte. E questo non lo vedo”. Permette di decidere “se comprare o meno un immobile, un’auto. Oggi invece non si sa cosa fare, non c’è una proiezione”, ha spiegato l’esperto.

Da quando è entrato in carica, nel dicembre del 2023, Milei ha avviato una forte deregolamentazione dell’attività economica che ha implicato un aumento dei prezzi dei beni e dei servizi. Ha ridotto gli investimenti in opere pubbliche e tagliato le spese, inclusi aiuti per le fasce più indigenti della popolazione. Pensioni e stipendi di dipendenti pubblici sono state abbassate. Misure che hanno provocato una grande redistribuzione del reddito dalla classe operaia ai settori che vivono di rendite patrimoniali e ai grandi imprenditori. Già nel primo trimestre del 2024 il tasso di povertà ha raggiunto il 55% della popolazione, con un incremento dell’11% nei primi tre mesi di governo.

Milei rivendica come un successo quello di aver ridotto lo spaventoso livello di inflazione (211% a fine 2023). Risultato che sembra però dovuto al collasso della domanda causato dall’indigenza di larga parte della popolazione. “Per noi l’inflazione è una questione che dal punto di vista tecnico è conclusa perché abbiamo fatto tutto quello che c’era da fare per risolverla”, ha detto mercoledì il portavoce della presidenza argentina, Manuel Adorni, secondo il quale “l’unica cosa che rimane da fare adesso è aspettare e assistere al suo definitivo crollo“.

Il presidente argentino, che si definisce anarco liberista, si rifà alle teorie economiche della scuola di Chicago, adottate in passato da Margareth Thatcher in Gran Bretagna. I suoi sostenitori ricordano che la cura che serve all’Argentina è dura e che serve del tempo per vederne i benefici. Una corsa contro il tempo. Scioperi e proteste si susseguono ma per ora il livello di gradimento di Milei non ha subito lo stesso tracollo dell’economia, difficile dire quanto potrà durare.

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