Economia

Fratelli d’Italia festeggia i successi nella lotta all’evasione: “Scesa drasticamente negli ultimi cinque anni”. Ma sono i dati sul 2016-2021

“Successi straordinari sul fronte del gettito“. “Otteniamo sempre più successi contro l’evasione“. “Negli ultimi cinque anni scende drasticamente l’evasione fiscale”. Nonostante l’afa del 16 agosto, un drappello di esponenti della maggioranza è pronto a prendere spunto da qualche dato che andrebbe letto con attenzione per diffondere comunicati a raffica rivendicando presunti successi del governo “in […]

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Successi straordinari sul fronte del gettito“. “Otteniamo sempre più successi contro l’evasione“. “Negli ultimi cinque anni scende drasticamente l’evasione fiscale”. Nonostante l’afa del 16 agosto, un drappello di esponenti della maggioranza è pronto a prendere spunto da qualche dato che andrebbe letto con attenzione per diffondere comunicati a raffica rivendicando presunti successi del governo “in contrasto con le sterili polemiche della sinistra”. E collegarli a inesistenti primati nella lotta al nero, risalenti in realtà come vedremo al 2021, quando Giorgia Meloni era all’opposizione e bollava come “Grande fratello fiscale” ogni misura mirata a scovare gli evasori o migliorare la riscossione.

A dare il “la” ai festeggiamenti di Fratelli d’Italia – con note coordinate del presidente della commissione Finanze Marco Osnato, del capogruppo alla Camera Tommaso Foti, del responsabile cultura Federico Mollicone e del responsabile programma Francesco Filini, per citare solo i più noti – cui poco dopo si sono accodati alcuni forzisti è stato il bollettino Finanza pubblica, fabbisogno e debito di Bankitalia, che tra il resto informa della salita del debito pubblico, a giugno, al nuovo record di 2.948,5 miliardi. Su quel numero evidenziato dalle opposizioni i comunicati sorvolano, preferendo concentrarsi sull’andamento delle entrate tributarie.

A far esultare il partito della premier e gli alleati è il fatto che sempre a giugno, stando alle tabelle sugli incassi di bilancio, sono ammontate a 42 miliardi contro i 38,2 del giugno 2023, segnando un aumento del 9,9%. Nel primo semestre l’incremento è del 7,5%. Non si tratta però di una novità: gli stessi dati erano contenuti nel bollettino del Mef di inizio agosto, che mostrava come l’aumento si dovesse soprattutto alle imposte dirette, dall’Irpef (grazie al buon andamento del mercato del lavoro) alle ritenute su interessi e premi versati dagli istituti di credito. Perché riparlarne?

FdI sembra voler usare quei numeri per costruire una più ampia narrazione sul fisco e sull’evasione. Sostenendo, come ha fatto Foti, che “negli ultimi cinque anni” sarebbe crollata “dal 21% al 16%” grazie a “uno Stato finalmente amico e alleato dei contribuenti, grazie alle riforme del governo Meloni che hanno semplificato efficacemente il Fisco” ottenendo “risultati positivi, neanche lontanamente immaginabili fino a pochi anni fa, quando governavano forze politiche di sinistre opprimenti e vessatrici, lontane da cittadini e imprenditori”. Peccato che le cifre citate dal capogruppo siano relative a diversi anni fa. Sono quelle contenute nelle relazioni annuali della commissione del Mef incaricata di calcolare il cosiddetto tax gap, cioè la distanza tra le imposte dovute se tutti fossero contribuenti fedeli e quelle effettivamente versate. La più recente è stata aggiornata a gennaio e dice che il gap, superiore al 21% nel 2016, è in effetti sceso al 15,2%. Ma è successo nel 2021, ultimo anno oggetto di analisi perché quelle stime richiedono dati sui conti nazionali che l’Istat rende disponibili in versione definitiva con un certo ritardo. La stima sul 2024, quella che rileva ai fini del raggiungimento dell’obiettivo del Pnrr sulla riduzione del gap, arriverà solo tra due anni.

Insomma: quello che Foti spaccia per primato positivo legato in qualche modo alla delega fiscale approvata un anno fa e a suoi decreti attuativi (tra cui l’ultimo sul concordato preventivo biennale) è un risultato che risale all’anno che ha visto al governo per poco più di un mese Giuseppe Conte e poi, da febbraio, Mario Draghi. E va legato a interventi ancora precedenti: fatturazione elettronica, aumento della diffusione dei pagamenti elettronici, riforme legate al Pnrr come l’obbligo di trasmissione alle Entrate degli importi delle transazioni con carta. Venendo all’oggi, come già raccontato dal fattoquotidiano.it le cifre recuperate nel 2023 dall’Agenzia delle Entrate sono state sì da record – 24,7 miliardi – ma solo grazie a misure straordinarie come definizioni agevolate e rottamazioni. Al netto delle sanatorie, che non dicono nulla sulla capacità “strutturale” di contrastare l’evasione, e considerata anche l’inflazione, il dato è in linea con quelli degli anni precedenti. Non proprio un successo da sbandierare sui social a beneficio degli elettori in vacanza.