Si sono conclusi, dopo due giorni, i colloqui a Doha per una tregua nella Striscia di Gaza e il rilascio degli israeliani rapiti il 7 ottobre. Secondo quanto riferiscono i media di Tel Aviv, nei prossimi giorni ci saranno altri negoziati e verrà programmato un nuovo vertice. I punti di divergenza maggiori sul tavolo sono il controllo del corridoio Filadelfia, tra Gaza e Egitto, e il corridoio Netzarim attraverso il quale si prevede che gli abitanti tornino nel nord della Striscia. Usa, Egitto e Qatar – i Paesi mediatori nei negoziati – hanno pubblicato una dichiarazione congiunta, affermando che continueranno a lavorare e discutere sui dettagli della proposta di tregua fatta dagli Stati Uniti. Gli alti funzionari si incontreranno prima della fine della prossima settimana, nella speranza di raggiungere un accordo basato su quanto stabilito nei colloqui appena terminati. E il presidente statunitense Joe Biden mostra ottimismo: il cessate il fuoco “non è mai stato così vicino“, dice a margine di una cerimonia alla Casa Bianca. “Ancora non siamo arrivati alla tregua, ma siamo più vicini di tre giorni fa”, spiega.

Lo scetticismo di Hamas e la replica Usa – In questa fase i negoziati si sono incentrati su un accordo per sei settimane di stop ai combattimenti nell’enclave, con il ritiro delle forze israeliane da alcune aree in cambio del rilascio di alcuni ostaggi. Secondo una fonte vicina al dossier, riferisce Haaretz, “finora i colloqui hanno avuto successo e si sono svolti in uno spirito positivo”. Questo nonostante per Hamas l’obiettivo sia ancora lontano: l’organizzazione che governa l’enclave palestinese non ha partecipato direttamente ai colloqui, ma è stata tenuta costantemente aggiornata dal Qatar. Commentando alla Reuters le dichiarazioni di Biden, il portavoce Sami Abu Zuhri afferma che l’amministrazione americana sta cercando di creare “una falsa atmosfera positiva” cercando di guadagnare tempo, perché non ha davvero intenzione di fermare la guerra. In precedenza un altro portavoce, Osama Hamdan, aveva criticato ad Al Jazeera l’atteggiamento dei negoziatori dello Stato ebraico: “La parte israeliana aggiunge ulteriori condizioni, parla di nuove questioni. Credo stiano cercando di compromettere questo processo”, ha detto, ricordando che il gruppo insiste per il “ritiro completo” delle truppe israeliane dalla Striscia di Gaza. Se Israele mandasse “segnali positivi”, ha concluso, Hamas parteciperebbe ai colloqui, ma questo non è ancora accaduto. In seguito, un alto funzionario ha riferito alla tv panaraba che i risultati delle trattative “non corrispondono a ciò che è stato concordato il 2 luglio”, cioè la risposta di Hamas al piano di pace presentato da Biden il 30 maggio. Ma secondo un alto funzionario della Casa Bianca le dichiarazioni di Hamas di questi giorni non devono essere prese “troppo sul serio”. Lo ha detto da Doha in un briefing con un ristretto gruppo di giornalisti. “Se Hamas dovesse dire di no all’accordo dovrebbe pensare alle conseguenze per la gente di Gaza, perché l’accordo è stabilito ed è pronto per essere implementato“, ha aggiunto il funzionario.

Israele sgombera le “safe zone” nella Striscia – Venerdì Biden ha sentito al telefono l’emiro del Qatar Tamim bin Hamad Al Thani e il presidente egiziano Abdel Fattah al-Sisi per discutere dei colloqui. Il segretario di Stato Antony Blinken partirà invece domani per Israele, dove arriverà il 18 agosto per incontrare il premier Benjamin Netanyahu il giorno successivo. Le altre tappe del suo viaggio potrebbero essere Doha e Il Cairo. Mentre il capo del governo e ministro degli Esteri del Qatar, Mohammed bin Abdulrahman Al Thani, ha chiesto all’Iran di evitare un attacco contro Israele – temuto da giorni dopo l’uccisione a Teheran del capo di Hamas Ismail Haniyeh – per non compromettere i possibili risultati dei colloqui. Come già accaduto nel primo giorno di trattativa, però, le operazioni militari di Israele nell’enclave palestinese non si sono fermate. Le Israeli defense forces (l’esercito di Tel Aviv) hanno ordinato, con un lancio di volantini, lo sgombero di alcune zone del centro della Striscia designate come “safe zone umanitarie o di interdizione ai combattimenti, in quanto da lì proverrebbero lanci di razzi e di colpi di mortaio verso Israele. Si tratta, in particolare, della zona nord di Khan Younis e la parte orientale di Deir al-Balah.

Le Idf proseguono l’offensiva – L’agenzia di stampa palestinese Wafa e l’emittente araba Al Jazeera affermano che tra ieri sera e stanotte l’esercito israeliano ha bombardato la Striscia uccidendo almeno sette persone nel campo profughi di Jabalia e un’altra in quello di Nuseirat. L’Idf ha confermato che aeronautica militare ha colpito ieri più di trenta obiettivi, tra cui edifici utilizzati da gruppi terroristici, cellule di uomini armati e altre infrastrutture. La Marina israeliana ha fatto sapere di aver ucciso “un certo numero di terroristi che rappresentavano una minaccia per le truppe che operavano nella Striscia di Gaza centrale”.

Nello stesso tempo, l’aeronautica militare israeliana ha comunicato di aver colpito una struttura militare in cui operavano miliziani di Hezbollah nella zona di Aitaroun, nel sud del Libano. Inoltre nella stessa zona, l’artiglieria ha colpito anche nelle aree di Blida e Kfarkela. In più è stato localizzato un drone ostile nella zona di Beit Jann. Nelle scorse ore una fonte anonima che ha stretti legami col gruppo libanese ha detto al Washington Post che “Hezbollah non lancerà la sua operazione di ritorsione durante i colloqui in Qatar perché il partito non vuole essere ritenuto responsabile per aver ostacolato i colloqui o un potenziale accordo”.

La tregua chiesta dell’Onu – Intanto le Nazioni Unite hanno chiesto una pausa di sette giorni nei combattimenti nella Striscia per consentire la vaccinazione di 640mila bambini contro la poliomelite. L’appello viene dall’Oms e dall’Unicef, che chiedono a tutte le parti in conflitto di attuare le pause umanitarie nella Striscia di Gaza per consentire lo svolgimento di due cicli di campagne di vaccinazione, previsti tra la fine di agosto e settembre 2024. Le due agenzie dell’Onu li ritengono necessari per prevenire la diffusione della variante circolante del poliovirus di tipo 2, come affermano in un comunicato.

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