Società

Julian Carron, teologo di CL, in un ‘trialogo’ sulla fede: “la Chiesa non deve temere la libertà”

Torna dopo Ferragosto l’appuntamento del Meeting ciellino di Rimini, con un tema intrigante: “Se non siamo alla ricerca dell’essenziale, allora cosa cerchiamo?”. E dunque vale la pena di leggere l’ultima opera di chi per lunghi anni è stato capo spirituale del movimento.

Libero ormai da quasi tre anni dai suoi impegni come leader (in seguito alla riforma dei mandati direttivi dei movimenti ecclesiali internazionali) Julian Carron si misura con le tematiche della fede nell’epoca contemporanea in un singolare e stimolante “trialogo” con il filosofo canadese Charles Taylor e il vescovo anglicano Rowan Williams. Pubblicata come libro (edito dalla BUR, a cura di Alessandra Gerolin) la lunga conversazione ha un titolo suggestivo: “Abitare il nostro tempo” e un sottotitolo “Vivere senza paura nell’età dell’incertezza”, che chiarisce fin dall’inizio come di fronte all’incalzare della secolarizzazione la prospettiva non possa essere quella di arroccarsi rancorosamente nel passato.

Qui interessa soprattutto il contributo di Carron, spagnolo di nascita in verità, ma potremmo anche dire in un certo senso italianizzato per il suo lungo periodo di guida di Cl, dal 2005 al 2021. Ciò che rileva in proposito è il fatto che nello spazio sociale italiano gli unici centri di aggregazione, in cui – oltre ad agire attraverso iniziative concrete – ci si raccolga ancora per riflettere, meditare, discutere su testi, prospettive e valori, appartengono sostanzialmente al mondo cattolico. Naturalmente non al cento per cento. Ci sono eccezioni interessanti. Ma la realtà di fondo è – fino a quando? – questa. E Comunione e liberazione, al di là delle robuste tentazioni di potere che hanno caratterizzato il gruppo in decenni passati con l’emblematica disastrosa parabola di Formigoni, è tuttora vitale nel tessuto ecclesiale.

La nota più stimolante nell’intervento di Carron è la visione della secolarizzazione come fenomeno da abitare consapevolmente senza considerarla “nemica”. Sì, viviamo tutti in un contesto caratterizzato dal “crollo delle evidenze”. E’ un dato di fatto che i “giudizi di valore, che un tempo si potevano dare per scontati all’interno di una determinata società o cultura, oggi non lo sono più”. Sia detto per inciso che questo non vale soltanto per il sistema religioso: l’estrema e violenta polarizzazione, che ad esempio si manifesta attualmente negli Stati Uniti, dimostra che valori costituzionali laici per eccellenza sono in crisi di evidenza.

L’irrompere della secolarizzazione, il tramonto delle “evidenze” tradizionali pone nuove domande, dettate da un forte senso di libertà, autonomia ed eguaglianza. La questione allora, afferma il teologo Carron, è di essere disposti a “lasciarsi provocare” dai nuovi interrogativi che fanno piazza pulita delle vecchie certezze. Naturalmente nell’impianto teologico di don Giussani, fondatore di Cl, c’è l’incontro con Cristo, una “presenza reale”, un “fatto storico” che porta a compimento la personalità di ognuno, ma questa prospettiva – comprensibile in un sistema religioso – non è un evento magico.

Nel discorso di Carron emergono due elementi che possono incrociare il pensiero laico. Il primo è la necessità di riscoprire la propria umanità e l’irriducibilità della persona umana. Una necessità per stare pienamente nella realtà e un requisito per confrontarsi interamente con l’umanità dell’Altro. Nei rapporti, spiega Carron citando Giussani, si tratta di riconoscere il “seme di verità” presente nell’altro qualunque sia la cultura e la tradizione a cui appartiene. E’ anche un modo fecondo di verificare le proprie ragioni a confronto con le ragioni dell’altro. Vale la pena di lasciarsi stupire, afferma Carron, anche da coloro che sono apparentemente lontani dal proprio modo di pensare. E’ fondamentale, infatti, fare i conti con la situazione esistenziale in cui si trova l’altra persona.

Il secondo concetto è l’importanza del “cammino”. La consapevolezza che non ha senso – oltre che essere impossibile – pensare di raggiungere subito un obiettivo. La crescita, la maturazione, l’acquisizione passo passo, mattone dopo mattone si potrebbe dire, sono cruciali. Ancora una volta è necessario misurarsi con la realtà circostante, affrontando le situazioni più varie ed esprimendo un giudizio su ciò che ci capita. Soltanto così, ritiene Carron, è possibile fare esperienza di ciò che egli chiama esigenze originarie della natura umana: verità, bellezza, giustizia, felicità.

Inutile dire che la secolarizzazione rappresenta una grande sfida per la Chiesa, che – Carron lo ammette – ha fatto un “lungo cammino per arrivare a riconoscere che non c’è altra possibilità di comunicare la verità se non quella che passa attraverso la libertà”. E’ il dilemma davanti a cui si trovano tutti i nostalgici, i conservatori, gli ultras del passato monarchico del cattolicesimo, che sono disorientati dagli strappi operati da papa Francesco e dalle brecce che ha aperto. No, dice il teologo di Cl, non bisogna avere paura della libertà. Al contrario la secolarizzazione offre la possibilità di capire che un cristianesimo ridotto a etica, dottrina e riti non è più in grado di parlare alla società.

Molti altri sono gli stimoli del piccolo volume. Ma c’è n’è uno che riguarda trasversalmente la società al di là delle culture e opinioni dei singoli appartenenti. La crisi di democrazia e di impegno per il bene comune, la frattura provocata dalle polarizzazioni estreme e dall’asserragliarsi di molti nel solo ambito della propria “rete”, si supera unicamente se c’è una ripresa collettiva della riflessione e del confronto di idee con l’altro. E’ un passaggio ineludibile.

Qui aiuta l’umorismo dello scrittore inglese Chesterton: il male non sta nel non trovare subito la risposta, ma nel “non vedere l’enigma”.