Ambiente & Veleni

La Cina combatte la siccità con i droni militari: è il cloud seeding, la controversa tecnica per far piovere usata anche da Usa ed Emirati

Era l’estate del 1946 quando il chimico e meteorologo americano Vincent Joseph Schaefer scoprì il principio del cloud seeding, la semina delle nuvole. Un’intuizione casuale, nata in uno dei laboratori della General Electric, l’azienda per la quale lavorava da oltre vent’anni. Aveva iniziato come macchinista quando era poco più che adolescente. Poi, grazie all’aiuto del premio Nobel per la chimica Irving Langmuir, era diventato ricercatore, senza neanche aver completato il liceo. Fu lui, durante uno dei suoi esperimenti, a scoprire che, aggiungendo sostanze chimiche alle nuvole, era possibile incidere sui processi meteorologici e facilitare le precipitazioni. Schaefer cercò di ottenere delle conferme di quanto osservato in laboratorio: nel novembre del 1946, le nubi sopra il monte Greylock, in Massachusetts, vennero stimolate con successo. Fu la prima nevicata indotta dall’inseminazione delle nuvole. Oggi oltre 50 Stati in tutto il mondo investono decine di milioni di dollari ogni anno in programmi per il controllo del clima che comprendono sperimentazioni sul cloud seeding. L’obiettivo è quello di ridurre la carenza d’acqua e i fenomeni siccitosi, sempre più frequenti a causa del cambiamento climatico, aumentando le precipitazioni in aree mirate. Su tutti, ci sta puntando molto la Cina: negli ultimi giorni ha avviato un progetto sperimentale che prevede l’utilizzo di un drone militare per combattere la siccità nello Xinjiang.

Stati Uniti, particelle chimiche per far nevicare – Il processo, realizzabile solo se sono già presenti delle nubi nell’atmosfera, funziona grazie al principio della nucleazione: alcune sostanze chimiche rilasciate sopra le nuvole, come per esempio le particelle di ioduro d’argento, fungono da nuclei di condensazione, favorendo la formazione di gocce d’acqua pesanti, pronte a precipitare al suolo. Si stima che questa tecnologia possa aumentare le possibilità di pioggia e neve del 20-30%. Negli Stati Uniti la semina delle nuvole è comunemente utilizzata. Lo stato dell’Idaho usa questo meccanismo per forzare le precipitazioni nevose sulle montagne, durante la stagione invernale. Questo non per scopi turistici, bensì energetici. Aumentando la quantità di neve, infatti, cresce anche la mole d’acqua che, con la primavera, scende a valle e alimenta le centrali idroelettriche. Le verifiche hanno quantificato che con un investimento modesto, circa due milioni di dollari, sia stato possibile ottenere 1,2 chilometri di metri cubi d’acqua aggiuntiva. Una risorsa utilizzata per riempire i bacini idrici, irrigare i campi e generare centinaia di migliaia di megawattora di energia idroelettrica.

Cina, programmi sperimentali per il controllo climatico – Uno dei paesi che più investe in questa tecnologia è la Cina, oltre 50 milioni di dollari l’anno. La lotta alla desertificazione e alla siccità è una priorità per Pechino fin dalla fine degli anni Settanta. Dopo aver concentrato gli sforzi in un serrato programma di riforestazione, il governo ha deciso di potenziare i programmi sperimentali per il controllo climatico. Una prova di questi sforzi è stata la cerimonia di inaugurazione dei Giochi Olimpici del 2008: per garantire una celebrazione asciutta, le autorità meteorologiche decisero di “svuotare” le nuvole prima del loro arrivo su Pechino. Esperimento ripetuto in occasione delle celebrazioni del centenario della fondazione del Partito Comunista Cinese, nel luglio del 2021, e molto utilizzato durante la grande siccità del 2022. Nelle ultime settimane il paese asiatico ha impiegato anche un drone militare per un esperimento di inseminazione delle nuvole nella regione autonoma uigura dello Xinjiang. Il velivolo senza pilota, solitamente utilizzato per trasportare munizioni durante le operazioni militari, è stato caricato con barre di ioduro d’argento. Sta operando nella città di Hami, la più orientale della regione autonoma, per testare le sue capacità di inseminazione delle nuvole in aree ad alta quota. Hami, nota per una varietà di melone, si trova in una delle zone della Cina con maggiore scarsità d’acqua ed è stata duramente colpita dal cambiamento climatico, con frequenti siccità e ondate di calore.

Emirati Arabi Uniti e il loro bisogno d’acqua – L’insicurezza idrica è una questione di rilevanza strategica anche per gli Emirati Arabi Uniti. Per far fronte a uno dei climi più aridi del pianeta e al progressivo esaurimento delle riserve d’acqua sotterranee, Abu Dhabi ha un programma di semina delle nuvole fin dagli anni Novanta. Affiancato al processo di desalinizzazione dell’acqua marina, che rappresenta circa il 40% dell’approvvigionamento idrico del Paese, il cloud seeding vuole rispondere alla crescente domanda d’acqua. Secondo alcune stime, il bisogno idrico nazionale potrebbe raddoppiare nei prossimi 15 anni. Per questo è stato sperimentato uno speciale metodo di cloud seeding. Il concetto alla base è lo stesso: far sì che le gocce d’acqua si raccolgano insieme per provocare delle precipitazioni e sfruttare in tal modo la copertura nuvolosa del Paese. In questo caso, però, il processo avviene stimolando le nubi con delle scosse elettriche. Gli aeromobili a pilotaggio remoto, simili a quelli usati per scopi militari, sono in grado di rilasciare impulsi elettrici tali da provocare forti temporali.

Lo scetticismo degli scienziati – Nonostante il largo uso che ne viene fatto nel mondo e i decenni di ricerca nel settore, la semina delle nuvole è ancora guardata con scetticismo dagli scienziati. In primo luogo, perché non è stata ancora quantificata definitivamente l’efficacia della tecnica: data la complessità e la variabilità dei sistemi meteorologici, è difficile stabilire con determinazione assoluta il sistema di causa-effetto. D’altronde, come spiegano gli esperti dell’Organizzazione meteorologica mondiale, nessuna nuvola è uguale a un’altra e ci sono molti fattori che possono influenzare le precipitazioni. Inoltre, non è ancora chiaro quale possa essere l’impatto di questi interventi sul clima. Non è stato escluso che questa tecnologia possa avere effetti indesiderati a lungo termine, che possa acuire gli squilibri meteorologici. Infine, c’è il tema dell’inquinamento. Le sostanze chimiche utilizzate ricadono a terra con le piogge. Sulle persone, sulle colture e nell’acqua potabile. Il rischio è che l’uomo cerchi di limitare le conseguenze dei suoi comportamenti aggressivi nei confronti del pianeta con una tecnologia potenzialmente altrettanto impattante. Una soluzione che, sul lungo periodo, potrebbe diventare parte del problema.