Giorni di ferragosto, spiagge affollate. In alcune località, dove le tratte di arenile destinate alla libera balneazione si riducono a micro appezzamenti di pochi metri quadrati, si rischia facilmente il cosiddetto “effetto carnaio”. Quest’anno però sembra prospettarsi per i bagnanti anche un’altra possibilità, quella di occupare gli spazi degli stabilimenti senza incorrere in alcun tipo di violazione. Se ne discute, animosamente, codici alla mano, citando regole europee, sentenze del Consiglio di Stato e una miriade di cavilli. La verità è che il caos, normativo e nei controlli, regna sovrano. Una confusione che origina a palazzo Chigi dove perdura una melina per non adempiere alle disposizioni della Commissione Ue e che si trasmette da Roma fino alla più remota località balneare.

Premessa: le spiagge non sono mai una proprietà dei gestori di stabilimento (salvo in rarissimi casi) ma rimangono terreni pubblici. Gli stabilimenti sono solo titolari di una concessione che li autorizza all’utilizzo dell’area a fini commerciali, dietro al pagamento di un canone allo stato, spesso un obolo irrisorio. Tuttavia, ai sensi delle regole europee le concessioni degli stabilimenti sono quasi tutte scadute, davvero pochissime quelle rinnovate. Le proroghe tentate dal governo non hanno particolare valore, come peraltro ha espressamente sentenziato il Consiglio di Stato e, pochi giorni fa, ha ribadito l’Antitrust. Le proroghe risultano insomma in contrasto con il diritto europeo, che, per la regola della gerarchia delle fonti giuridiche, prevale su norme nazionali e, tanto più, su ordinanze municipali.

Esistono pareri di legali secondo cui una volta scaduta la concessione si entrerebbe in una sorta di regime di prorogatio finché la questione non viene risolta con nuove assegnazioni. Non si spiega però bene se esista un limite temporale a questa proroga e cosa impedirebbe allora al governo di lasciare in sospeso la situazione, visto che i balneari godrebbero di fatto delle stesse prerogative.

Sta di fatto che una settimana fa due turisti si sono sistemati con il loro ombrellone in un lido di Massa Carrara. Alle proteste del titolare hanno replicato che il diritto europeo dava loro ragione. La Guardia Costiera, convocata per dirimere la faccenda, si è limitata a chiedere ai turisti di arretrare un poco l’ombrellone per non occupare il bagnasciuga. Nessun allontanamento, nessuna sanzione.

Come spiega a Ilfattoquotidiano.it, Roberto Biagini, avvocato, presidente dell’associazione Mare Libero ed ex assessore al demanio a Rimini è innanzitutto utile fare una distinzione. C’è un’area di bagnasciuga generalmente di almeno 5 metri, distanza che i comuni possono ampliare ma non ridurre, e inclusa quella antistante ai lettini di uno stabilimento, che è libera a prescindere da qualsiasi discorso sulle concessioni. Qui qualsiasi bagnante può transitare, stendersi temporaneamente a prendere il sole, arrivare a nuoto o fare il bagno senza che nessuno possa aprire bocca.

C’è poi il perimetro concessorio, il resto dello stabilimento, per intenderci. E qui Biagini si fa forza di quanto detto prima: le concessioni sono scadute e le proroghe, municipali e non, non hanno valore poiché “soccombono” di fronte ad una norma di rango superiore come è quella europea. Dunque non ci sarebbero appigli giuridici per cacciare un bagnante che si sistema sulla spiaggia ad andarsene. Tanto meno per minacciarlo di sanzioni. Anzi, a voler essere cattivi, lo stabilimento non potrebbe neppure rifiutargli l’accesso al suo bar che, in quanto pubblico esercizio, può respingere un avventore solo per motivi sanitari o di sicurezza. Da questo punto di vista non cambierebbe nulla neppure se il governo dovesse varare una serie di nuove proroghe, come parrebbe sia intenzionato a fare.

Eppure, attivisti dell’associazione mare libero, riferiscono di casi in cui i titolari di stabilimenti hanno rivolto ai bagnanti intimidazioni di vario genere. Tra queste, in un caso, persino quella di essere colpevoli di “procurato allarme”. Peggio ancora, si ha notizia di polizie locali, soprattutto in comuni liguri, che si schierano con i balneari prospettando non meglio precisate conseguenze legali a chi osa varcare le soglie degli stabilimenti. Tra i casi segnalati molti comuni liguri. Anche qui però la confusione regna sovrana. Contattata da IlFattoquotidiano.it la polizia locale di Lerici (La Spezia) fa sapere di non avere competenza in materia poiché la materia è di pertinenza della Guardia Costiera. La Capitaneria di porto di La Spezia fa sapere, viceversa, che la competenza è delle polizie locali. Quella di Santa Margherita Ligure (Genova) dice che i bagnanti circolano liberamente sulla battigia degli stabilimenti e che non ci sono stati episodi in cui sono stati occupati spazi concessori, quindi la questione per ora non si è posta. È il caso però di spezzare una lancia a favore delle varie autorità. Non è a loro che si può demandare il compito di risolvere questioni che la politica non ha fatto altro che complicare.

Sulla questione abbiamo raccolto anche l’opinione di Fabrizio Licordari, presidente di Assobalneari, l’associazione di Confindustria che riunisce i titolari di stabilimenti. Visti i toni vagamente intimidatori della risposta vale la pena riportarla integralmente. Questa dunque la replica alla considerazione che i bagnanti avrebbero il diritto di occupare spazi di stabilimenti, ai sensi delle norme europee: “Credo che più che Assobalneari relativamente agli argomenti che intendete rappresentare come me li ha esposti, dobbiate consultare giuristi molto esperti. In Italia le sentenze, anche del Consiglio di Stato, fanno stato esclusivamente fra le parti e non possono produrre effetti giuridici nei confronti di altri soggetti pubblici e/o privati. Chiunque per i motivi più disparati ritenga illegittima un’occupazione di un concessionario basata su un titolo rilasciato da una pubblica amministrazione ad un privato (persino in violazione di legge) è tenuto ad impugnare quel titolo dinanzi ad un’ autorità giudiziaria per farne dichiarare l’illegittimità e non può, come vi accingereste a dire, fare esercizio arbitrario delle proprie ragioni, così commettendo un reato previsto dalla legge. Ora, fino a quando la situazione riguarda pochi soggetti che strumentalmente propongono la tesi della scadenza generale ed astratta delle concessioni, sebbene con grave clamore mediatico, la cosa può essere tollerata. Tuttavia, se a propendere per tale istigazione a commettere reato (esercizio arbitrario delle proprie ragioni, violenza privata ai danni di chi esercita attività privata, turbamento doloso dell’ordine pubblico, etc.) e’ una testata come la vostra, le cose si fanno più serie”.

Alla successiva domanda su quale fosse esattamente il reato commesso da un bagnante che stende un telo nello spazio di uno stabilimento, non c’è stata risposta. Un’ultima considerazione. È probabile che, se il governo varerà ulteriori proroghe alle concessioni, possano scattare le salate sanzioni europee a carico dell’Italia. A pagarle non saranno solo i titolari di stabilimenti ma tutti i contribuenti, sia quelli che frequentano i “bagni” sia quelli che rimangono nelle spiagge libere. Forse, al di là dei torti e delle ragioni, un posticino al sole e un angolino di spiaggia ce lo meritiamo tutti.

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