Si spera che i dirigenti e i progettisti che dovranno seguire la costruzione del Ponte sullo Stretto di Messina siano usi fare le loro abluzioni in vasche colme di champagne, ché altrimenti diventa molto difficile garantirne l’igiene personale in una regione funestata dalla siccità e da una rete idrica colabrodo (altro che siccità), che costringe residenti e turisti a riempire secchi e bidoni per far fronte alle chiusure notturne o anche diurne dell’erogazione dell’acqua.
Del resto, in un comune calabrese qualche giorno fa l’annuncio della chiusura è stato dato tramite un drone: “maestà, la gente ha sete”; “dategli i droni”. Sembra un episodio di Black Mirror o forse meglio di The Twilight Zone: ai confini della realtà. Avrà fatto scuola l’ambizioso presidente della giunta calabrese Roberto Occhiuto, che sbandiera garrulo l’uso dei droni per fronteggiare alcune delle numerosissime altre emergenze regionali: incendi, rifiuti. Sofisticatissime tecnologie sorvolano un territorio devastato e una popolazione stremata ma mai disposta a mandare a casa una classe dirigente tradizionalmente insipiente: misteri della politica, forse i calabresi sono contenti di non avere l’acqua ma di avere i droni che glielo comunicano.
Di sicuro l’immagine di una popolazione ostaggio dei propri politici non regge: “T’è piaciuta? T’è piaciuta?/Tienatella cara cara!/T’’a purtaste sull’altare/Sott’’o braccio, ‘nziem’a te//Mo te vedo afflitto e stanco/Sù, coraggio… ué Giuvá’!/Se il mellone è uscito bianco/E mo’ cu chi t’’a vuó’ pigliá?!”, cantava Renato Carosone.
Occhiuto, che un anno e mezzo fa i giornali riportavano “entusiasta” dell’autonomia differenziata e che ora — che volpe! — ha capito essere una gran fregatura che la sua parte politica ammannisce alla Calabria e al Sud (e — timidissimamente — protesta dopo che i buoi sono scappati). Diceva allora: “Conosco Calderoli e leggendo la sua bozza credo che sia evinca che il governo si farà carico delle ragioni delle Regioni del sud”. E questo perché conosceva Calderoli, noto amico del Sud.
Intanto qualche giorno fa è trapelata la notizia – poi fortunatamente smentita (ma definitivamente?) – che l’area forse più devastata e trascurata della Calabria, quella che va dalla Sibaritide a Crotone, sarebbe stata ulteriormente azzoppata. Qualche anno fa si era infatti ‘festeggiata’ (incredibile dictu) l’istituzione di un treno “Freccia” delle Ferrovie dello Stato da Sibari a Bolzano che in quattro ore porta a Roma, in sei a Firenze, e così via. Per un territorio costretto a servirsi del servizio su gomma o delle auto di proprietà, una rivoluzione. Naturalmente, non tutto quel che luccica è oro: velocità da Freccia e da Sibari fino a Crotone navette a gasolio (pare però che di recente, anno del Signore 2024, sia stato aggiudicato l’appalto per l’elettrificazione). Ebbene, si diceva, qualche giorno fa si è paventata l’ipotesi di un allungamento del percorso per far passare il treno dal capoluogo Cosenza. Proteste e smentita.
È chiaro che tutti rimanderanno le responsabilità della condizione attuale alle gestioni precedenti, in un regresso all’infinito in cui non si viene a capo mai del primo responsabile: forse Adamo ed Eva? Sta di fatto che se i politici hanno questa scusa, chi la scusa non ce l’ha è la popolazione calabrese, che questi li ha votati, ma ha votato pure i precedenti, e quelli di prima, e quelli di prima ancora: “Se il mellone è uscito bianco/E mo’ cu chi t’’a vuó’ pigliá?!”.