L’emergenza carceri continua ad agitare la maggioranza di governo. Dopo la conversione in legge di un decreto considerato insufficiente da tutti gli addetti ai lavori, dal ministero della Giustizia trapela una nuova ipotesi per ridurre il sovraffollamento: far scontare fuori dalle celle le pene residue inferiori a un anno. La proposta, avanzata dai Garanti dei detenuti nell’incontro dello scorso 7 agosto con il Guardasigilli Carlo Nordio, sarebbe in realtà il potenziamento di una legge che già esiste, la 199 del 2010, in base alla quale “la pena detentiva non superiore a 18 mesi, anche se costituente parte residua di maggior pena, è eseguita presso l’abitazione del condannato” o in un altro domicilio. Al momento, però, il via libera all’uscita dal carcere deve arrivare dal giudice di Sorveglianza, che decide solo dopo aver ricevuto una serie di documenti dall’istituto. L’idea, invece, sarebbe di rendere il meccanismo automatico, come già succedeva durante la pandemia di Covid. In questo modo, secondo i calcoli dei garanti, potrebbero uscire subito dalle celle circa ottomila detenuti. “Il decreto carceri è una scatola vuota mentre il conto dei suicidi in carcere continua a salire. Servono provvedimenti oggi”, incalza il portavoce dei garanti territoriali, Samuele Ciambriello, contattato da LaPresse. “Il ministro ci ha dato appuntamento ai primi di settembre, perché ha detto che sono allo studio del ministero provvedimenti ulteriori rispetto al decreto carceri. Per dare un appuntamento a un mese di distanza, io credo stia provando a mettere in campo qualcosa in più sul rischio suicidiario rispetto al decreto appena convertito in legge”.

Il retroscena su un intervento contro il sovraffollamento, però, viene smentito nel giro di pochissimo da un’apposita nota di Andrea Delmastro, sottosegretario alla Giustizia di Fratelli d’Italia e da qualche tempo principale alfiere della “linea dura” sul tema. “Non c’è all’ipotesi del governo alcuna misura svuota carceri. Non è nelle corde del governo una misura che, essendo un colpo di spugna, vanifica e frustra non solo e non tanto le esigenze di sicurezza, quanto e soprattutto la funzione rieducativa della pena. Il “tana libera tutti” non rieduca, non riabilita, non garantisce sicurezza: è il già tristemente visto e stancamente vissuto del passato e che ci ha regalato l’attuale situazione”, comunica. L’esecutivo, informa, “è impegnato in un imponente piano di edilizia penitenziaria con lo stanziamento di somme mai viste e nel trattamento del detenuto, avendo completamente saturato le piante organiche degli educatori. Trattamento e rieducazione si fanno con gli educatori, non con i colpi di spugna. Il sovraffollamento si combatte con il piano di edilizia carceraria, non con la resa”, sottolinea. E conclude: “Le misure alternative alla detenzione già oggi esistono e possono essere richieste alla magistratura che le garantisce ai meritevoli, non alla politica con un provvedimento generalista che altro non sarebbe che l’ennesimo svuota carceri”.

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