Mentre partecipa ai colloqui per un cessate il fuoco, Israele continua a bombardare la Striscia di Gaza. Un’intera famiglia di 18 persone è stata sterminata in un attacco aereo sulla città di Al-Zawayda. Secondo l’elenco fornito dall’ospedale dei martiri di Al-Aqsa di Deir al-Balah, i morti sono il grossista di carne e pesce Sami Jawad al-Ejlah – che riforniva l’enclave in accordo con l’esercito israeliano – le sue due mogli, 11 dei loro figli (di età compresa tra i due e i 22 anni), la nonna di questi ultimi e altri tre parenti. Il raid ha distrutto la casa del commerciante – “un uomo pacifico”, lo descrive il suo vicino – e il magazzino dei camion, dove in quel momento erano rifugiati più di quaranta civili. Il numero delle vittime è stato confermato da un reporter dell’Associated Press, che ha contato i cadaveri man mano che entravano in ospedale. In contemporanea, nella notte tra venerdì e sabato, è stato bombardato anche un edificio residenziale nel quartiere Sheikh Radwan di Gaza city, con almeno un morto accertato. Inoltre, secondo l’agenzia palestinese Wafa, un bambino è stato ferito da colpi di arma da fuoco sparati contro le tende degli sfollati vicino alla città di Hamad, a nord-ovest di Khan Younis. Altre vittime sono state segnalate a seguito di attacchi che hanno colpito una casa vicino all’Ospedale europeo, a est della stessa città.

Nelle scorse ore le Idf (Israeli defence forces, le forze armate israeliane) avevano ordinato con un lancio di volantini lo sgombero di alcune zone del centro della Striscia – in particolare nell’area di Khan Younis e Deir al-Balah – da dove, secondo la loro ricostruzione, erano stati lanciati razzi e colpi di mortaio contro Israele. Sabato mattina il portavoce delle Idf in lingua araba, Avichay Adraee, ha emesso un nuovo ordine di evacuazione diretto ai residenti di Maghazi, nelle vicinanze di Al-Zawayda, vvertendo che i militari “opereranno con la forza” contro i gruppi terroristici operativi nella zona, a seguito del lancio di razzi contro il territorio israeliano. Già tra venerdì e sabato lo Stato ebraico aveva colpito l’enclave palestinese uccidendo almeno sette persone nel campo profughi di Jabalia e un’altra in quello di Nuseirat.

Intanto il segretario di Stato Usa Antony Blinken è partito per Israele, dove incontrerà il premier Benjamin Netanyahu. E il capo della Casa Bianca Joe Biden avverte: “Con l’accordo sul cessate il fuoco completo e sul rilascio degli ostaggi ora in vista, nessuno nella regione dovrebbe intraprendere azioni per minare questo processo”. Rimane in sospeso, invece, la minaccia di ritorsioni dell’Iran contro Tel Aviv dopo l’omicidio a Teheran del capo politico di Hamas Ismail Haniyeh. Venerdì, alla domanda se la “vendetta” sarà evitata grazie ai colloqui in corso, la missione iraniana all’Onu ha risposto con un sibillino “lo speriamo”. In una dichiarazione postata su X, il ministro degli Esteri della Repubblica islamica Ali Bagheri afferma di essere stato aggiornato dal suo omologo qatariota Mohammed bin Abdulrahman al-Thani sui negoziati svolti negli ultimi due giori a Doha, e di avergli sottolineato che non ci si può fidare di Israele, invitandolo a “usare tutti i mezzi” per forzare la fine dell’offensiva a Gaza contro Hamas.

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