Economia & Lobby

La Gdf scova 5 yacht di lusso ignoti al fisco. Sanzioni fino a 845mila euro. Molti le intestazioni a società in paradisi fiscali

Cinque maxi-yacht di lusso, completamente sconosciuti al fisco italiano, sono stati scoperti dai finanzieri del reparto operativo aeronavale di Livorno, nei primi sei mesi di attività del progetto “Chrirstina O”. Su 30 imbarcazioni di lusso, talvolta del valore di 10 milioni di euro ciascuna, queste cinque, spiega la Guardia di Finanza, sono risultate completamente ignote […]

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Cinque maxi-yacht di lusso, completamente sconosciuti al fisco italiano, sono stati scoperti dai finanzieri del reparto operativo aeronavale di Livorno, nei primi sei mesi di attività del progetto “Chrirstina O”. Su 30 imbarcazioni di lusso, talvolta del valore di 10 milioni di euro ciascuna, queste cinque, spiega la Guardia di Finanza, sono risultate completamente ignote al fisco e hanno portato ad erogare sanzioni tra i 175.769 e gli 845.849 euro. Ciò “al netto di successivi approfondimenti ispettivi necessari per ricostruire la reale capacità contributiva dei proprietari”.

Un’ulteriore imbarcazione di lusso, proseguono le Fiamme gialle livornesi, “è stata sanzionata per omesso versamento dell’Iva all’importazione, inoltre è stato denunciato uno skipper americano, ma stabilmente residente in Italia, per omessa dichiarazione dei redditi, che comporterà un recupero a tassazione di 579.726 euro, oltre alle sanzioni che saranno calcolate dagli uffici finanziari”.

La Gdf ha pure accertato che molti yacht “sono risultati ufficialmente riferibili a società o, comunque, a persone fisiche residenti in paradisi fiscali ma comunque riconducibili a italiani con interessi economici in Italia“. I loro dati, prosegue la GdF, sono stati segnalati, secondo il domicilio fiscale, ai reparti della Guardia di finanza di competenza territoriale per successivi approfondimenti economico-finanziari, “poiché l’acquisto e la gestione di questi beni di lusso vengono spesso coperti da disponibilità finanziarie di provenienza non tracciata”.

L’attività investigativa avrebbe confermato l’esistenza del cosiddetto chartering nautico simulato, “una pratica elusiva/evasiva attuata attraverso la strumentale intestazione del natante a soggetti di comodo o a stabili organizzazioni non dichiarate residenti in paradisi fiscali ma, in realtà, nella disponibilità di persone fisiche o giuridiche riconducibili fiscalmente in Italia utilizzando così beni di enorme valore schermandone l’effettiva proprietà e, soprattutto, occultando al fisco italiano le reali disponibilità finanziarie” dei proprietari.