Il DNA dell’uomo, la cui struttura è stata descritta in un post precedente, è suddiviso in 46 spezzoni chiamati cromosomi; ogni cellula del nostro organismo possiede l’intero patrimonio genetico di DNA. I cromosomi sono “uguali” a due a due; sono cioè 23 coppie. Ciascuno di noi riceve nel momento del concepimento 23 cromosomi da suo padre e altrettanti da sua madre, uno per ogni coppia. In questo modo ogni individuo è una ricombinazione unica di DNA paterno e materno.

Per capire in che senso le coppie di cromosomi sono uguali si deve considerare che il DNA contiene l’informazione necessaria per la biosintesi delle proteine, e ogni proteina è codificata da una sequenza di qualche migliaio di nucleotidi; poiché ogni cromosoma è un doppio filamento costituito da molte decine di milioni di nucleotidi, ogni cromosoma contiene l’informazione necessaria per moltissime proteine. Dobbiamo quindi immaginare il filamento di DNA come costituito da una serie di segmenti contigui, ciascuno dei quali contiene l’informazione necessaria per una proteina. Questi segmenti vengono chiamati loci e la loro localizzazione sui cromosomi degli organismi della stessa specie è rigorosamente la stessa. Il segmento di DNA contenuto in un locus e contenente l’informazione genetica necessaria per la biosintesi di una specifica proteina è chiamato un gene, e il DNA di tutti gli esseri umani contiene gli stessi geni negli stessi loci. La variabilità interindividuale deriva dal fatto che di ogni gene possono esistere delle varianti chiamate alleli.

Ad esempio il gruppo sanguigno AB0 è determinato da un enzima (una proteina) codificata da un gene che occupa un locus sul cromosoma 9 (i cromosomi sono numerati per lunghezza, dal più lungo al più corto) nella regione identificata come q34. L’enzima codificato da questo gene modifica una molecola presente sulla membrana del globulo rosso chiamata sostanza H, determinando il gruppo sanguigno. Di questo gene esistono 3 varianti: una di queste genera l’enzima che modifica la sostanza H nella molecola caratteristica del gruppo A, un’altra modifica la stessa sostanza H nella molecola caratteristica del gruppo B, la terza è inattiva e non modifica la sostanza H, che è caratteristica del gruppo 0.

Quando uno spermatozoo che contiene 23 cromosomi paterni feconda una cellula uovo che contiene 23 cromosomi materni, si forma una cellula chiamata zigote che contiene 46 cromosomi e dà origine al feto e poi al neonato. Immaginiamo che il padre di questo neonato sia di gruppo A e possieda su entrambi i suoi cromosomi 9 il gene A, e che la madre sia di gruppo B e possieda su entrambi i suoi cromosomi 9 il gene B. Il figlio riceve un cromosoma 9 paterno, che contiene il gene A e uno materno che contiene il gene B; pertanto i suoi globuli rossi sono in grado di produrre tanto le molecole A quanto le molecole B e il suo gruppo sanguigno è AB, diverso sia da quello del padre che da quello della madre.

Ognuno di noi riceve metà del suo patrimonio genico dal padre e metà dalla madre; ma ciascuno di loro aveva a sua volta ricevuto metà del suo patrimonio genico da suo padre e metà da sua madre. Quindi è corretto dire che, statisticamente, il patrimonio genico di ciascuno di noi deriva per un quarto da ciascuno dei nostri nonni e, andando all’indietro, per un ottavo da ciascuno dei nostri bisnonni e così via. Alcune varianti geniche sono abbastanza peculiari da indicare tra i nostri antenati alcune provenienze etnico-geografiche; ma in linea di massima l’analisi del nostro genoma è molto complessa. Fanno eccezione due casi particolari: il genoma dei mitocondri, organelli subcellulari trasmessi soltanto per via matrilineare, e il cromosoma Y del maschio, trasmesso soltanto per via patrilineare. L’analisi di questo materiale genetico a trasmissione semplificata può rivelare molti indizi sulla nostra origine.

Se due popolazioni che hanno frequenze alleliche diverse (le ragioni per le quali questo può accadere saranno oggetto di un prossimo post) si mescolano, ad esempio per migrazione di una nel territorio dell’altra, e contraggono matrimoni misti (esogamia), dopo poche generazioni perdono la loro individualità e formano una popolazione unica; viceversa, se ciascuna popolazione contrae matrimoni soltanto al suo interno (endogamia) le differenze nelle frequenze alleliche permangono.

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