Cronaca Nera

Sharon Verzeni, decine di test del Dna per cercare un profilo genetico compatibile: in 100 ore di filmati delle telecamere non si vede mai l’assassino

A quasi un mese dall’omicidio di Sharon Verzeni, 33 anni, uccisa a coltellate nella notte tra il 29 e il 30 luglio a Terno d’Isola, le indagini proseguono senza sosta, ma la svolta decisiva sembra ancora lontana. I Carabinieri del Ros e del Ris stanno lavorando su due fronti principali: l’analisi della “copia forense” del cellulare della vittima e il confronto dei profili genetici prelevati nella zona del delitto con eventuali tracce di Dna trovate sugli abiti, sul corpo di Sharon o nei campioni prelevati durante l’autopsia.

Finora sono state convocate diverse decine di persone per il prelievo del Dna, tra cui i soccorritori, i residenti della zona e coloro che, secondo i dati delle celle telefoniche, si trovavano nei dintorni al momento del delitto. L’obiettivo è verificare se il profilo genetico di uno di loro possa combaciare con quello trovato sulla scena del crimine, come avvenne nel caso di Yara Gambirasio, un’altra tragica vicenda avvenuta nella stessa area bergamasca: tuttavia, a differenza del caso Gambirasio, dove furono eseguiti oltre 22.000 test genetici, questa volta l’indagine è più mirata, anche se altrettanto difficile e senza risultati chiare. E non si esclude, al momento, la possibilità che il Dna dell’assassino possa appartenere a una donna: alcuni campioni sono stati prelevati anche da donne, dato che non si può escludere nessuna pista in un’indagine ancora priva di sospettati definiti.

Gli inquirenti, coordinati dal sostituto procuratore Emanuele Marchisio, mantengono il massimo riserbo: non è ancora chiaro se l’assassino fosse un estraneo, come suggerirebbe l’apparente assenza di ombre nella vita della vittima, o una persona a lei vicina, ipotesi supportata dalla brutalità dei colpi inferti. Sharon, che lavorava come barista al Vanilla di Brembate, aveva iniziato a fare lunghe passeggiate serali su consiglio del dietologo. La sera del delitto, il suo compagno, Sergio Ruocco, ha riferito di non averla accompagnata perché era troppo stanco e si era già addormentato. Le telecamere di sorveglianza nei pressi della loro abitazione, situata a circa 800 metri dal luogo dell’aggressione, non mostrano movimenti sospetti. In totale gli inquirenti hanno tra le mani più di cento ore di filmati, provenienti da una cinquantina di telecamere: purtroppo, l’assassino non è mai visibile nei video, complicando ulteriormente le indagini.

In quella tragica notte, diverse persone si trovavano nella zona di via Castegnate, alcune delle quali sono state già identificate e interrogate. Tuttavia, nessuno ha segnalato movimenti sospetti o ha visto l’aggressore: gli inquirenti ritengono che tra queste persone possa nascondersi l’assassino o un testimone cruciale. “Chi sa, parli,” è l’appello che viene lanciato continuamente dalle autorità. Il primo soccorso è stato prestato da una giovane che ha trovato Sharon in piedi, ferita ma ancora cosciente, pochi secondi dopo che la donna aveva chiamato il 112 per chiedere aiuto. La ragazza, spaventata, è andata via, ma è tornata subito dopo, trovando una coppia che si era fermata per prestare assistenza. Nessuno dei tre ha visto qualcuno scappare, alimentando ulteriormente il mistero: la polizia sta ancora visionando una montagna di filmati, estrapolando targhe e volti per identificare tutte le persone presenti in zona.

Il killer potrebbe essersi nascosto nella zona per un po’ prima di colpire e potrebbe aver atteso per allontanarsi successivamente, rendendo ancora più difficile individuare l’esatta dinamica dei fatti. Gli investigatori stanno ora concentrando i loro sforzi sull’analisi di tutti i filmati delle ore precedenti e successive al delitto.