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Washington Post: “Le incursioni ucraine a Kursk hanno fermato le trattative per una tregua parziale. Tentata azione anche a Belgorod”

L’incursione ucraina nel Kursk ha fatto “deragliare gli sforzi, portati avanti in segreto, per un cessate il fuoco parziale tra l’Ucraina e la Russia”. Lo scoop arriva dal Washington Post che cita fonti informate: secondo quanto riferito dal quotidiano americano Ucraina e la Russia dovevano inviare delegazioni a Doha questo mese – sedendosi a un tavolo per la prima volta da due anni – per negoziare un accordo storico che fermasse gli attacchi alle infrastrutture energetiche ed elettriche di entrambe le parti, in quello che sarebbe equivalso a un parziale cessate il fuoco e avrebbe offerto una tregua a entrambi i Paesi.

Tuttavia i colloqui indiretti, in cui il Qatar ha svolto il ruolo di mediatore incontrando separatamente le delegazioni ucraina e russa, sono stati interrotti dall’incursione a sorpresa dell’Ucraina nella regione occidentale russa di Kursk la scorsa settimana, secondo i funzionari. Il Wp aggiunge che un diplomatico ha affermato che la Russia “non ha annullato i colloqui, ha detto che serve tempo”. L’Ucraina avrebbe voluto inviare comunque la sua delegazione a Doha, ma il Qatar avrebbe rifiutato, non ritenendo vantaggioso un incontro unilaterale.

La versione di Kiev, che risponde direttamente al Washington Post, è però diversa. L’ufficio della presidenza ucraina fa sapere che il vertice di Doha per negoziare, in maniera indiretta attraverso il Qatar, un accordo tra Mosca e Kiev che fermi gli attacchi alle infrastrutture energetiche da entrambe le parti, è stato posticipato “a causa della situazione in Medio Oriente“, ma si svolgerà in formato videoconferenza il 22 agosto, dopodiché Kiev si consulterà con i suoi partner sull’attuazione di quanto discusso.

L‘offensiva ucraina in territorio russo è iniziata lo scorso 6 agosto e ha sinora portato alla conquista di un’ottantina di località della regione al confine tra Russia ed Ucraina. L’operazione ha colto impreparate le truppe di Mosca ed è stata possibile grazie all’impiego di armi fornite da Europa e Stati Uniti. Proprio questo elemento ha generato dibattiti e polemiche, con posizioni differenti tra gli schieramenti politici, sulla legittimità per Kiev di usare armi occidentali non per difesa ma per attaccare il territorio russo.

Oggi Mosca ha affermato che per distruggere il ponte sul fiume Seim, nella regione russa di Kursk, gli ucraini abbiano utilizzato sistemi missilistici di fabbricazione Usa. “Per la prima volta, la regione di Kursk è stata colpita da sistemi missilistici di fabbricazione occidentale, probabilmente Himars americani. L’effetto è stato la distruzione completa del ponte e i volontari che stavano assistendo l’evacuazione della popolazione civile sono stati uccisi”, dice sul suo canale Telegram la portavoce del ministero degli Esteri di Mosca, Maria Zakharova.

Nei giorni scorsi il Cremlino ha accusato la Nato di aver avuto un coinvolgimento diretto nella pianificazione dell’attacco. “È stato l’Occidente a portare al potere la giunta criminale in Ucraina. I Paesi Nato hanno inviato armi e istruttori militari in Ucraina, continuano a fornire informazioni d’intelligence e controllano le azioni dei gruppi neonazisti. E l’operazione nella regione di Kursk è stata pianificata con la partecipazione della Nato e dei servizi speciali occidentali”, ha affermato il consigliere per la sicurezza Nikolai Patrushev.

Secondo Kiev, tuttavia, l’offensiva è mirata a convincere Mosca a impegnarsi in colloqui “giusti”. “Dobbiamo infliggere significative sconfitte tattiche alla Russia. Nella regione di Kursk, vediamo chiaramente come lo strumento militare venga oggettivamente utilizzato per convincere la Federazione Russa a entrare in un giusto processo di negoziazione”.

Sempre secondo il Washington Post, intorno al 12 agosto alcune centinaia di soldati ucraini con blindati avrebbero tentato di penetrare in territorio russo anche nella regione di Belgorod, mentre le truppe di Kiev avanzavano da giorni in quella di Kursk. Gli ucraini hanno però trovato una “resistenza accanita” da parte delle forze russe, che, a differenza di Kursk, erano “preparate”, e sono stati respinti con perdite. Nel riferire la vicenda il Washington Post, cita come fonti diversi soldati ucraini. Sull’episodio finora sia Kiev sia Mosca hanno mantenuto il silenzio.

Come si legge “tre soldati ucraini, incluso un ufficiale, raccontano come, dopo mesi in cui erano dislocati sul confine, sono stati inviati quattro giorni fa in Russia. Hanno attraversato il confine in pieno giorno con una formazione di veicoli blindati” dice il 24enne Hacker, che vuole essere identificato solo con il nome di battaglia secondo le regole militari ucraine. Mentre si preparavano a passare il confine a Kolotilovka, dove c’era stato in precedenza uno scambio di prigionieri di guerra, Hacker ricorda di aver pensato che fosse una mossa un po’ “folle”.

Le truppe russe nel Belgorod sono però apparse preparate al loro arrivo, diversamente da quanto accaduto in occasione delle rapide avanzate delle unità ucraine attraverso la regione di Kursk. Benché alcuni russi si fossero ritirati, la zona era fortificata, con “denti di drago”, barriere anticarro e fitti campi minati. Gli ucraini sono finiti quasi subito sotto un intenso fuoco di artiglieria, droni e bombe d’aereo. I soldati di Kiev sono avanzati per circa 10 km, conquistando posizioni abbandonate dai russi, ma i combattimenti sono rimasti intensi. “Tutti i nostri soldati sono stati feriti il giorno in cui siamo arrivati”, racconta Hacker. Il gruppo di militari ucraini è rimasto trincerato sotto intenso fuoco russo finché non sono passati mezzi blindati a raccoglierli all’alba di giovedì (15 agosto) e riportarli in Ucraina.