Nonostante le richieste di vario tipo e le presunte prove, né l'Americano né il Fronte Turkesh non aprirono mai nessuna reale pista
La scomparsa di Emanuela Orlandi è uno dei misteri più oscuri e complessi del nostro Paese. Mentre ci sono tre inchieste aperte per far luce sul caso della 15enne vaticana scomparsa nel 1983, proponiamo una ricostruzione accurata delle prime fasi della vicenda, con audio dell’epoca per concessione di Pietro Orlandi.
L’ultimo ultimatum
Il 4 agosto 1983, arrivò alla sede dell’Ansa di Milano un comunicato con un nuovo ultimatum e un rinnovo della richiesta di liberazione di Ali Ağca. Il messaggio recava la firma di un gruppo fino a quel momento sconosciuto: Il Fronte Liberazione Turco Anticristiano “Turkesh”. Nell’ottobre 1983, i membri del Fronte Turkesh, con altri comunicati, confermarono di custodire nelle loro mani tanto Emanuela quanto Mirella Gregori. Per i successivi mesi si alternarono le telefonate dell’Americano e i comunicati di Turkesh, sebbene non ci fosse prova che i due elementi lavorassero insieme o quale dei due stesse mentendo. In totale, i comunicati di Turkesh furono sette, inviati tra agosto 1983 e novembre 1985. Nonostante le richieste di vario tipo e le presunte prove, né l’Amerikano né il Fronte Turkesh non aprirono mai nessuna reale pista. Infatti non ci sono state prove che dimostrassero l’esistenza in vita di Emanuela né tantomeno che la ragazza fosse effettivamente ostaggio dei Lupi Grigi o di Turkesh.
Il 27 novembre 1985 arrivò all’agenzia Ansa l’ultimo comunicato, il “Komunicato XXX” del Fronte Turkesh contenente altri trentacinque particolari sulla vita con l’intestazione “Questo è l’ultimo. Purtroppo. Emanuela non tornerà più. Sono spietati. La colpa è soprattutto del Vaticano, di papa Wojtila, dello IOR, del “giudice” di Alì Agca, di Emanuela“. Da allora non si hanno più notizie. L’avvocato Egidio è sempre stato scettico su questo fantomatico fronte e dichiarò all’epoca: “Credo poco all’autenticità di questo messaggio del Turkesh. Come nelle precedenti occasioni, infatti, questo Fronte turco anticristiano non ha fornito alcuna prova valida del fatto che Emanuela sia in vita. Maggiore credito andava dato all’altro gruppo, quello americano che si era rivolto prima alla famiglia Orlandi e poi al giornalista della CBS di Roma. Le ultime novità non hanno modificato la mia analisi”. Egidio quindi era più propenso a credere che fosse coinvolto l’Amerikano e non il Turkesh. Turkesh non fu mai in grado di fornire delle prove concrete sul fatto di avere Emanuela Orlandi nelle proprie mani. Tuttavia, questo commando riuscì a rivelare nei comunicati molti dettagli e particolari sulla vita privata della ragazza (ad esempio cosa aveva fatto negli ultimi giorni, i nomi di alcuni suoi amici oppure il numero di nei sulla sua schiena).
Questa cosa venne contestata dall’Amerikano in una delle telefonate all’avvocato Egidio, da cui possiamo sentire: “Ma è possibile che qualunque persona manda dei documenti questi vengano pubblicati e accertati dagli inquirenti? Noi avevamo già smentito (Turkesh, ndr) nell’ultimo comunicato, com’è possibile?” L’amerikano arrivò persino a insinuare che ci fosse anche l’avvocato dietro al Turkesh ma Egidio si infuriò sentendo questa accusa. “Stiamo facendo tutto sul territorio italiano per la liberazione, già sono state fatte molte vittime”, si sente dalla telefonata. “Questa è gente malata, è un mitomane. Noi avevamo dei documenti, non dimostrano né la vita né la morte ma un minimo di attendibilità. Non è possibile dare credito a tutte le lettere che si ricevono, non può quadrare nella nostra logica”. Mentre l’avvocato tentò di replicare, l’americano attaccò di colpo il telefono, temendo di essere pedinato dalle forze dell’ordine.