Lavoro & Precari

Latina, un altro bracciante morto nei campi: ipotesi malore per il caldo e la fatica. Schlein: “Il governo intende occuparsene?”

È morto sul terreno su cui lavorava, sotto il sole della campagna pontina. Dalvir Singh, 54 anni, bracciante indiano di etnia sikh, è stato ucciso da un malore – probabilmente dovuto al caldo e alla fatica – venerdì 16 agosto in un’azienda agricola di Borgo Piave, frazione di Latina: il titolare dell’impresa ha chiamato il […]

Hai già letto 5 articoli
questo mese.

PER CONTINUARE A LEGGERE

1 € PER IL PRIMO MESE

È morto sul terreno su cui lavorava, sotto il sole della campagna pontina. Dalvir Singh, 54 anni, bracciante indiano di etnia sikh, è stato ucciso da un malore – probabilmente dovuto al caldo e alla fatica – venerdì 16 agosto in un’azienda agricola di Borgo Piave, frazione di Latina: il titolare dell’impresa ha chiamato il 112 raccontando di aver trovato il cadavere del suo dipendente a terra. Nello stesso territorio, meno di due mesi fa, un altro bracciante, Satnam Singh, stessa nazionalità e stesso cognome, è morto di stenti dopo essere stato abbandonato davanti casa dal datore di lavoro con un braccio tranciato da un macchinario avvolgiplastica.

In base alle prime informazioni raccolte sul posto, Dalvir Singh, assunto con contratto regolare e con permesso di soggiorno, si era recato al lavoro per aprire l’impianto di irrigazione. Inutile l’intervento del personale sanitario, arrivato sul luogo in ambulanza dopo la chiamata del datore di lavoro. Sulla salma, trasferita in obitorio, è stata disposta l’autopsia e la Procura di Latina ha aperto un’indagine.

La morte, arrivata mentre da inizio anno sono già più di 500 le vittime sul lavoro, riapre il dibattito anche sul fronte della politica. Che da anni è in ritardo su interventi mirati. Per la segretaria del Pd Elly Schlein “solo un mese fa, dopo quello che è accaduto a Satnam Singh, il governo prometteva che avrebbe contrastato in ogni modo ‘l’Italia peggiore’, quella del caporalato e dello sfruttamento. Ieri invece è stato stroncato nei campi a 40 gradi all’ombra Dalvir Sing, 54 anni. Questi non sono incidenti sul lavoro ma sono persone uccise dallo sfruttamento in condizioni di lavoro inumane. La presidente Meloni e il suo governo intendono occuparsene? O continueranno a fare proclami di circostanza solo di fronte all’onda emotiva dei singoli drammatici episodi di cronaca?. Il Pd – aggiunge – continuerà a incalzare il governo e a battersi per dire che servono più risorse per attuare la legge contro il caporalato e lo sfruttamento, per la prevenzione, per creare sistemi di protezione per chi denuncia il caporalato e lo sfruttamento, serve fare molto di più per la sicurezza sul lavoro, per responsabilizzare le aziende e per arginare la piaga della precarietà e della manodopera senza salari dignitosi e senza diritti”. Il capogruppo Pd nella commissione Lavoro Arturo Scotto annuncia la richiesta di chiarimenti alla ministra Calderone e aggiunge: “Non basta qualche retata episodica per certificare l’irregolarità di alcune aziende a risolvere questa emergenza nazionale. Serve una strategia più efficace contro il caporalato e contro lo sfruttamento”. Al governo il dem imputa la mancanza di interventi a sostegno dei lavoratori: “Gli spot che durano l’arco di un paio di servizi al tg vengono purtroppo smentiti dalla realtà che è tragica e ingiusta. Chiediamo alla ministra di riferire al Parlamento lo stato delle politiche di contrasto all’insicurezza sul lavoro nei campi. Non può più sottrarsi come ha fatto in tutti questi mesi”.

Solo ieri, sul tema, erano intervenuti anche i senatori M5s Luca Pirondini e Mario Turco con un lungo intervento pubblicato da Avvenire. “Lo scorso anno, nel nostro Paese, sono morte sul lavoro 1.041 persone”, si leggeva. “Quasi tre al giorno. Secondo l’Inail, nei primi sei mesi del 2024 le denunce di infortunio con esito mortale sono state 469 (+4,2% rispetto al pari periodo del 2023) e sono aumentate le patologie di origine professionale denunciate: 45.512 (+19,6%). Dietro a questi freddi numeri, però, ci sono i volti e le storie di uomini e donne e delle loro famiglie. È giunto il momento di prendere atto – a tutti i livelli – che le morti sul lavoro sono un’emergenza nazionale. La Uil ha rilevato che frail 1983 e il 2018 il lavoro, fondamento della nostra Repubblica, ha ucciso più della criminalità organizzata. La politica ha il dovere di chiedersi cosa fare”. Quindi propongono: “Prima di tutto, occorre agire dal lato della prevenzione aumentando il numero degli ispettori del lavoro e quindi dei controlli, ma anche insegnando ai nostri ragazzi, fin dall’età scolare, l’importanza della cultura della sicurezza sul lavoro e il rispetto della vita umana”. In secondo luogo, riprendono Pirondini e Turco, “bisogna per far sì che i familiari delle vittime ottengano giustizia, allontanando lo spettro della prescrizione. Serve, difatti, un sistema sanzionatorio che scongiuri la possibilità che i datori di lavoro violino deliberatamente gli obblighi di legge al fine di ridurre i costi e aumentare il profitto, provocando per colpa infortuni mortali e lesioni ai loro dipendenti. Allo stesso tempo, va costituito un pool di magistrati specializzati nel fronteggiare queste tipologie di reati: una richiesta che giunge anche da illustri esperti in materia come Raffaele Guariniello e Bruno Giordano”. Finora “la risposta del governo è stata un fragoroso silenzio. Di fronte alle stragi di Brandizzo e Firenze, e alla tragica morte di Satnam Singh, l’esecutivo ha varato misure spot – come la patente a crediti, che vale solo per l’edilizia – se non addirittura esiziali, vedasi la cosiddetta lista di conformità. In ultimo, non sappiamo che fine abbiano fatto i 200 milioni di euro stanziati dal Pnrr per il superamento dei ghetti degli immigrati né se (e quando) il Durc di congruità sarà esteso al settore agricolo: un impegno previsto da un nostro ordine del giorno al decreto Agricoltura approvato a inizio luglio a Montecitorio. Auspichiamo che il governo esca dal proprio arroccamento e decida di mettersi in ascolto”, hanno concluso.