È durato tre ore il faccia a faccia a Gerusalemme tra il premier israeliano Benjamin Netanyahu e Antony Blinken. Un incontro “positivo” che si è svolto in ”una buona atmosfera”, ha fatto sapere l’ufficio di Netanyahu spiegando che il premier ha sottolineato l’impegno israeliano nei confronti della proposta statunitense presentata a Doha la scorsa settimana e che “tiene conto delle esigenze di sicurezza di Israele”. Netanyahu ha detto a Blinken che invierà i suoi massimi negoziatori (dal capo del Mossad al direttore dello Shin Bet) al summit che si terrà al Cairo questa settimana con l’obiettivo di giungere a un accordo sugli ostaggi e sul cessate il fuoco, scrive Axios.

“Ultima possibilità per una tregua” – Il segretario di Stato Usa è arrivato in Israele per promuovere l’accordo per il cessate il fuoco a Gaza, chiarendo immediatamente che gli attuali colloqui “potrebbero essere l’ultima possibilità per una tregua” nella Striscia. Blinken fa appello ad Hamas e a Israele di non “far deragliare” gli sforzi: “Questo è un momento decisivo, probabilmente la migliore, forse l’ultima, opportunità per riportare a casa gli ostaggi, per ottenere un cessate il fuoco e per mettere tutti sulla strada migliore per una pace e una sicurezza durature”, ha detto Blinken incontrando il presidente israeliano Isaac Herzog. Intanto Hamas e la Jihad islamica hanno rivendicato la responsabilità del fallito attentato di domenica sera a Tel Aviv.

Il nono viaggio di Blinken in Israele – Tra case civili bombardate, morti, sfollati e feriti, l’accordo sul cessate il fuoco sembra essere ancora molto lontano. Quello di Blinken è il nono viaggio nella regione da quando è scoppiata la guerra tra Israele e Hamas. La sua presenza in Medio Oriente è stata possibile, dopo giorni di rinvii, perché al momento Iran e Hezbollah stanno tenendo in freddo la vendetta contro Israele. Il segretario di Stato Usa, che ha anche incontrato il ministro della Difesa israeliano Yoav Gallant a Tel Aviv nel pomeriggio, nelle sue dichiarazioni non ha attribuito ad Hamas la responsabilità del fatto che non ci sia ancora un accordo: “È tempo che venga fatto. È anche tempo di assicurarci che nessuno prenda misure che potrebbero far deragliare questo processo. Quindi stiamo cercando di assicurarci che non ci sia un’escalation, che non ci siano provocazioni, che non ci siano azioni che in qualche modo potrebbero allontanarci dal portare a termine questo accordo o che portino un’escalation del conflitto in altri luoghi e con maggiore intensità”, ha detto Blinken. Il capo della diplomazia Usa prova così a dare una spinta per il raggiungimento di un accordo per cessate il fuoco e rilascio degli ostaggi. Tutto questo mentre dagli Usa il presidente Joe Biden parla di una “tregua ancora possibile” e la sua vice Kamala Harris – candidata dem alle presidenziali – assicura: “Noi non ci arrendiamo, continuiamo a lavorare duro”.

La posizione israeliana – Il premier Netanyahu domenica ha messo le mani avanti: “Ci sono cose su cui possiamo essere flessibili e altre su cui non possiamo esserlo”, ha detto alla riunione di governo. Strategia simile a quella del presidente israeliano, Isaac Herzog che all’inizio del colloquio con il segretario di Stato Usa ha tenuto a precisare che “le persone devono capire che tutto inizia dal rifiuto di Hamas ad andare avanti“. Come riferisce il Times of Israel, Herzog ha ribadito la speranza di Israele di “poter andare avanti nei negoziati condotti dai mediatori”, Usa, Egitto e Qatar, per un cessate il fuoco nella Striscia di Gaza e il rilascio degli ostaggi trattenuti nell’enclave palestinese dall’attacco del 7 ottobre scorso in Israele. “Non esiste obiettivo umanitario più grande e non esiste causa umanitaria più grande che riportare a casa i nostri ostaggi, che sarebbero dovuti tornare molto tempo fa”, ha aggiunto. Intanto il portavoce dell’ufficio politico di Hamas, Moussa Abu Marzouk, sottolinea che “non c’è alcun progresso nei colloqui per il cessate il fuoco”. Secondo le dichiarazioni riportate da Channel 12 “la nuova proposta è considerata una concessione rispetto a quella americana del 2 luglio, che Hamas aveva accettato dopo le garanzie da parte dei mediatori e degli Stati Uniti”. Per Abu Marzouk, “oggi si prevedono colloqui tra i mediatori e alti funzionari israeliani riguardo il corridoio Filadelfia“.

Gallant: “L’operazione deve continuare” – “Così come Israele sta esercitando pressione militare su Hamas, nello stesso modo gli Usa devono fare una pressione politica per il raggiungimento di una linea che porti alla liberazione degli ostaggi”. È quanto dichiarato dal ministro della Difesa Gallant, dopo l’incontro con Blinken. Ha aggiunto che “l’apparato di difesa israeliano sarà impegnato a Gaza finché non saranno raggiunti gli obiettivi della guerra: il ritorno degli ostaggi e lo smantellamento di Hamas”.

Hamas rivendica fallito attentato – In questo contesto teso Hamas e la Jihad islamica hanno rivendicato la responsabilità del fallito attentato di domenica sera a Tel Aviv in cui un palestinese arrivato da Nablus è rimasto ucciso dall’esplosione di un potente ordigno che portava in uno zaino sulle spalle. In una dichiarazione, ripresa da Channel 12, viene affermato che si è trattato di un attentato suicida e avverte che gli attentati simili in Israele continueranno, in risposta agli attacchi israeliani. Secondo il comandante della polizia del distretto di Ayalon Haim Bublil “forse il terrorista aveva pianificato di andare in una sinagoga lì vicino o forse in un centro commerciale”. Un video mostra l’uomo sulla cinquantina che cammina in strada con un grosso zaino sulle spalle prima dell’esplosione. Non è ancora chiaro se si sia trattato di un’esplosione intenzionale o se la deflagrazione sia il risultato di un malfunzionamento dell’ordigno prima che l’obiettivo del sospettato venisse raggiunto, ha spiegato la polizia. Dall’analisi dell’esplosione gli investigatori deducono che si trattasse di una carica di diversi chili. Il portavoce della polizia Eli Levy ha dichiarato a Kan: “Qui è avvenuto un grande miracolo”. L’ultimo attentato a Tel Aviv risale al 2006.

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