Nel buio del campo profughi di Al Mawasi, nel sud della Striscia di Gaza, un cono di luce illumina un lenzuolo bianco su cui viene proiettato il celebre cartone animato Tarzan. Mentre l’odore dei popcorn caldi riempie l’aria, sembra di poter respirare nuovamente un po’ di normalità, una quotidianità nascosta nelle piccole cose di cui si nutrono la curiosità e la vitalità di un bambino. “In un contesto di distruzione e morte giornaliero, la salute psicofisica dei più piccoli è stata quasi del tutto compromessa”, spiega a Ilfattoquotidiano.it Yasmine Al Jarba, coordinatrice del progetto “Cinema in Camp”, che da oltre 3 mesi con le associazioni ACS- Associazione di Cooperazione e Solidarietà e Gaza Freestyle aiuta i bambini a elaborare e superare i traumi degli orrori a cui sono sottoposti.

“Senza ormai una casa o un luogo di riferimento per studiare e stare in compagnia di coetanei, la maggior parte dei bimbi aiuta la famiglia a cercare e trasportare acqua e cibo da un luogo all’altro”, continua Al Jarba, sottolineando che alcuni di loro “percorrono chilometri al sole con taniche pesantissime, mettendo a rischio la propria vita”. Dall’inizio del progetto le proiezioni hanno coinvolto e unito le comunità sfollate in varie aree della Striscia, in particolare a Khan Younis, Mawasi, Nuseirat e Rafah, dove sono stati organizzati una decina di eventi di cinema all’aperto con la visione di classici familiari come Masha e Orso e Up!. Un’iniziativa itinerante, a causa dei continui spostamenti, diretta da Gaza dal cooperante Dargham Qarqi’, che ne gestisce gli aspetti logistici e tecnici cercando di coinvolgere al massimo i giovani gazawi: “Basta un piccolo telo blu a terra e una risata per riportare un po’ di normalità nella vita distrutta di questi bambini”, racconta Qarqi’, “Per alcuni era il primo cartone visto a distanza di 9 mesi, senza progetti educativi per loro non c’è futuro”.

Dall’inizio dell’invasione israeliana a Gaza sono 40mila le vittime palestinesi accertate, e di queste circa 16500 sono bambini. Un numero destinato a crescere esponenzialmente, a causa della diffusione di malattie della pelle e anche della poliomielite, come riportato dal Ministero della salute di Gaza. La causa, afferma l’Organizzazione mondiale della sanità (WHO), sono da attribuire alle assenti condizioni igieniche nelle tendopoli, contaminate da pozze di liquami a cielo aperto determinate dai continui bombardamenti e danneggiamenti della rete idrica e di trattamento delle acque reflue. Il 27 luglio, la 401esima brigata delle forze di difesa israeliane ha demolito il bacino idrico di Rafah (il più grande del sud della Striscia), nell’area del campo di Tal Al-Sultan, “in onore dello Shabbat”, come scritto da un soldato israeliano a commento del video, pubblicato online e su cui è in corso un’indagine formale per violazione dei diritti umani.

I medici stanno lottando con oltre 103mila casi di pidocchi e scabbia e più di 65mila di eruzioni cutanee, in prevalenza diffuse in età infantile e adolescenziale, impossibili da contrastare a causa della concentrazione di oltre un milione di persone in un’area di 50 chilometri quadrati. Il 29 luglio l’esercito israeliano ha disposto l’ennesimo ordine di sfollamento nei campi profughi di Bureij e Nuseirat, nella zona centrale di Gaza, obbligando decine di migliaia di cittadini palestinesi a muoversi in direzione delle “safe zone” di Al Mawasi o nella più vicina Deir el Balah. Un esodo che ha ormai coinvolto, secondo le stime delle Nazioni Unite, oltre l’85% della popolazione gazawa.

Le immagini nella Striscia di Gaza sono state girate da Dargham Qarqi’

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