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I crimini di guerra dello Yemen raccontati da chi è sopravvissuto

Recuperare è una delle azioni più ripetute, insieme a ricomporre e piangere, in un libro straziante come pochi altri, scritto dall’attivista yemenita Bushra al-Maqtari, pubblicato a Beirut nel 2018 e appena uscito in Italia con Luiss University Press.

In Tutto quello che abbiamo lasciato, al-Maqtari raccoglie le “voci da una guerra dimenticata”, come riporta il sottotitolo: quella dello Yemen. Lo fa lasciando la parola alle persone sopravvissute, salvo nell’ultimo racconto in cui piange l’uccisione della sua amica Riham Badr.

Sono persone adulte, tutte, quelle che raccontano tra urla e pianti. Perché le bambine e i bambini non ci sono più. Ecco le azioni reiterate di recuperare i loro corpi, riconoscerli da un dettaglio e ricomporli, smembrati da missili e bombe.

Le testimonianze coprono il periodo che va dall’inizio della guerra (ne abbiamo parlato molto in questo blog) tra il gruppo armato houthi fiancheggiato dai sostenitori dell’ex presidente Saleh, deposto dalla “primavera yemenita” del 2011 alla quale la stessa autrice inizialmente aveva preso parte, e una coalizione internazionale guidata dall’Arabia Saudita, che come noto è stata rifornita anche di bombe made in Italy.

Al-Maqtari non avrebbe mai immaginato che, quattro anni dopo la rivolta, il suo paese sarebbe stato raso al suolo in quella che le Nazioni Unite avevano definito, prima di Gaza e del Sudan di oggi, la più grave crisi umanitaria al mondo.

L’autrice fa una scelta ben precisa, da attivista per i diritti umani: alterna le testimonianze dei crimini commessi dagli houthi e di quelli commessi dalla coalizione. Non ci sono buoni e cattivi, ma solo pessimi.

Ogni testimonianza chiude con l’elenco dei morti: un elenco infinito. Così come infinito è l’elenco dei luoghi colpiti che non avevano alcuna utilità o funzione militare: una fabbrica di patatine, cimiteri e cortei funebri, impianti di depurazione delle acque, scuole e università, strade, centri commerciali, barche di pescatori e persino una barca di rifugiate somale, prigioni, negozi, officine, laboratori e naturalmente abitazioni. Di notte, di giorno, durante una festa pre-matrimoniale, mentre si saliva sul tetto per prendere acqua dalla cisterna, mentre i grandi chiacchieravano e i piccoli giocavano sull’uscio di casa.