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Il primo anno della nuova era Dazn: prezzi alti, meno servizi. E dobbiamo pure augurarci che duri

È l’inizio di una nuova era, anche se non sembra o non piace a nessuno: il campionato partito nel weekend è anche la prima stagione del nuovo ciclo di Dazn. Comincia un quinquennio di monopolio, salassi e polemiche. E dobbiamo pure augurarci che duri. Tra il vecchio e il nuovo contratto in realtà non c’è […]

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È l’inizio di una nuova era, anche se non sembra o non piace a nessuno: il campionato partito nel weekend è anche la prima stagione del nuovo ciclo di Dazn. Comincia un quinquennio di monopolio, salassi e polemiche. E dobbiamo pure augurarci che duri. Tra il vecchio e il nuovo contratto in realtà non c’è stata soluzione di continuità: la Serie A la vedevamo in streaming prima e continueremo a vederla in streaming ora sulla app più criticata dagli italiani. Di una differenza, però, se ne sono accorte le tasche degli italiani:l’ennesimo aumento, il terzo nel solo anno solare 2024, che ha portato il piano Plus (il più diffuso, che permette la visione su due televisioni diverse) a 599 euro l’anno, quindi circa 49,90 al mese, a patto però di pagare tutto in anticipo, delle formule mensili non vincolate non parliamo nemmeno: si arriva a 70€ al mese. E sarà così per i prossimi cinque anni, visto che la Lega Calcio ha deciso di assegnare i diritti tv a Dazn fino al 2029.

Dazn è diventato un tema molto divisivo, anzi in realtà non lo è per nulla considerando che l’ostilità dei tifosi è praticamente unanime. L’emittente se l’è ben guadagnata, sbagliando tutto ciò che poteva sbagliare da quando è sbarcata in Italia: prima i disservizi che hanno funestato l’esordio della nuova tecnologia; poi le scellerate campagne commerciali, con gli abbonamenti inizialmente regalati a prezzi stracciati e quindi aumentati fino al 200%. In mezzo, costante, un prodotto qualitativamente mediocre, con contenuti scarsi e sempre più ridotti, e un approccio banale che non valorizza in alcun modo il nostro campionato e come solo punto di forza una fruizione digitale innovativa (gli highlights e le partite on demand fin da un minuto dopo il fischio finale solo l’unico vero passo in avanti rispetto al passato). Peraltro l’azienda sta mettendo in atto una serie di politiche di tagli interni che certo non gioveranno alle trasmissioni e insinuano il dubbio della crisi. Insomma, il brand Dazn sembra irrimediabilmente compromesso agli occhi degli appassionati e come possa pensare di andare avanti fino al 2029 è un mistero che i suoi vertici dovranno risolvere.

Ciò detto, bisogna però essere chiari: le aziende non fanno beneficenza, e tantomeno può farla Dazn, una società che ha investito sul calcio italiano 840 milioni a stagione nello scorso bando (quando c’era anche Tim), 700 nel nuovo, circa 6 miliardi di euro che mandano avanti questo grande carrozzone che chiamiamo Serie A. E a parte loro, non è che ci fossero grandi alternative sul mercato. Negli ultimi tre anni hanno perso una barca di soldi (si parla di mezzo miliardo bruciato), complice l’abbandono di Tim e un piano industriale completamente sballato. A quel punto Dazn era a un bivio: lasciare, sparendo di fatto dal mercato italiano, o rilanciare. Ha scelto la seconda via, aggiudicandosi i diritti anche per i prossimi 5 anni, ma è chiaro che non poteva continuare nello stesso modo, buttando soldi dalla finestra.

Così si spiegano gli aumenti. A Dazn si sono fatti due calcoli: a loro conviene più avere 1,4 milioni di abbonati (o anche leggermente meno) a 50€ al mese, piuttosto che 2 milioni a 25-30€. Visto che le politiche per ampliare la platea dei tifosi in Italia non hanno funzionato (bisognava arrivare almeno a quota 3 milioni per mantenere prezzi più bassi), per colpe proprio o altrui poco importa, si punta su quello zoccolo duro che il campionato lo guarderà sempre. È una politica negativa per la Serie A, perché contrae il bacino d’utenza. Ma riducendo le spese interne e aumentando i prezzi, Dazn stavolta spera di far quadrare i conti. Del resto la posizione di totale monopolio permette di alzarli potenzialmente all’infinito, visto che non ci sono competitor. E comunque le tariffe sono in linea col resto d’Europa, anche più basse.

La ricetta non piace ai tifosi ma questo è il grande equivoco dei diritti tv del pallone: costano troppo per essere redditizi, le emittenti si dissanguano per aggiudicarseli e poi rischiano di schiantarsi, come dimostra la storia recente, da Mediaset a Sky (l’unica che ci ha guadagnato, ma fino a un certo punto tanto che poi li ha mollati e ora non li rimpiange particolarmente), fino appunto a Dazn. Però quel miliardo l’anno, spicciolo più spicciolo meno, è il prezzo che fissa la Serie A, che ha nei diritti tv la principale se non unica fonte di sostentamento. Chi gliela garantisce, in qualche maniera dovrà pur rientrarci. Un’alternativa in realtà esiste: vendere i diritti tv a 500-600 milioni. Allora gli abbonamenti potrebbero anche costare 15-20€ al mese, come pretendono i tifosi. Ma in quel caso le loro squadre sarebbero ancora più povere e meno competitive e ci lamenteremmo della crisi del calcio italiano. Come successo ad esempio in Francia, dove la bolla è scoppiata. Di qui al 2029 tocca tenersi Dazn, ammesso che regga. E i suoi prezzi, che magari aumenteranno ancora.

X: @lVendemiale