di Tito Borsa

Gentile senatrice Mariolina Castellone, ho letto con molto interesse il suo intervento sul Fatto Quotidiano di sabato, intervento in cui lei spiega perché è favorevole al limite di due mandati per gli eletti del Movimento 5 Stelle, come lei.

Il M5S è cambiato radicalmente da quando è entrato in Parlamento, nel 2013. Per fortuna, mi verrebbe da dire. Al tempo si rifiutava qualunque alleanza, aspettando Godot, ossia il momento in cui il Movimento avrebbe avuto i numeri per governare da solo. Al tempo Beppe Grillo vietava ai candidati e agli eletti di partecipare ai talk show. Al tempo si voleva far votare online agli elettori qualunque scelta avrebbero fatto gli eletti.

Affermare, come fa lei, che “spostare il potere dai cittadini al singolo eletto vorrebbe dire tradire la nostra anima e rinnegare la nostra stessa esistenza” significa a mio avviso negare il principio stesso di democrazia rappresentativa, quando il M5S negli anni ha gradualmente abbandonato la spinta verso la democrazia diretta. L’eletto, in quanto tale, deve assumersi la responsabilità delle sue scelte di fronte agli elettori. Scelte che devono essere in linea con il mandato che i cittadini gli hanno affidato per rappresentarli. Abbiamo già visto che consultare gli elettori prima di prendere una decisione è tanto macchinoso quanto controproducente.

Il Movimento 5 Stelle negli ultimi undici anni si è rinnovato varie volte e dovrebbe farlo anche per quanto riguarda il limite dei due mandati. La differenza tra il M5S e gli altri partiti deve basarsi sulle modalità con cui le cose vengono fatte. Come per le alleanze: è sbagliato rifiutarle a priori ma devono essere cercate delle convergenze vere e non di interesse.

Per quanto riguarda il limite dei due mandati, credo che ci sia bisogno di partire dal presupposto che il vecchio mantra di Grillo “uno vale uno” non comporta che tutti gli eletti siano uguali e abbiano lo stesso peso all’interno del Movimento. Come in tutti gli ambienti ci sono i mediocri e i talentuosi e questi ultimi vanno valorizzati.

Il talento politico non può riguardare quella che lei chiama “competenza professionale”. Allora tutti i “tecnici” chiamati a risolvere i problemi dell’Italia sarebbero degli statisti e questo, oltre ad avere insita dentro di sé una visione classista, è palesemente falso. L’esperienza politica, la conoscenza dei meccanismi che regolano lo Stato, le competenze necessarie per fare politica in modo efficace e raggiungere così i propri obiettivi sono fattori che il vincolo dei due mandati distrugge ogni dieci anni.

È vero che il M5S è nato “per incarnare una nuova stagione democratica”, ma togliere il vincolo dei due mandati, assumendosi la responsabilità di valorizzare i talenti e sbarazzarsi della zavorra, non vi porterebbe a trasformarvi in un “partito tradizionale”. Le altre forze politiche non sono meritocratiche. Ci sono dinosauri della politica che hanno più legislature alle spalle che mutande nell’armadio e non certo perché sono degli imprescindibili talenti politici. Il M5S dovrebbe scegliere (assumendosene la responsabilità) chi può andare oltre i due mandati, allo stesso modo in cui si sceglie dove e come fare alleanze con gli altri partiti.

Io capisco e in parte apprezzo la fedeltà e la coerenza ai valori fondanti del Movimento. Ma mi permetto di ricordarle, senatrice, che nulla di ciò che il M5S ha realizzato dal 2018 al 2021 sarebbe stato fatto senza le alleanze. Alleanze che inizialmente Grillo rifiutava a priori. Allo stesso modo scartare grandi talenti politici dopo due mandati significa mortificarli oppure indurli a rivolgersi ai “partiti tradizionali”. E il Movimento, per rimanere fedele ai suoi principi fondanti, si danneggia da solo.

Solo delle scelte per le quali assumersi una responsabilità possono togliere il M5S dall’impasse in cui è sprofondato. La coerenza è un valore, ma non deve diventare un freno al vero obiettivo di ogni forza politica: realizzare il proprio programma.

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