Sono i peggiori dati di sempre: a settembre tra i banchi di scuola un docente su quattro sarà precario. In sette anni i supplenti sono aumentati del 72 per cento: si è passati cioè dai 132mila del 2017/2018 a 232mila dello scorso anno, mentre per il 2024/2025 presumibilmente si toccherà quota 250-300mila maestri e professori “a scadenza”, cioè il 25 per cento dell’organico complessivo.

“Fallimento di tutti i governi” – Non c’è ministro dell’Istruzione che tenga. Dal “metteremo fine alla supplentite” dell’ex presidente del Consiglio Matteo Renzi, quando nel 2015-16 la percentuale di precari era al 13,8%, ad oggi con la gestione di Giuseppe Valditara, la situazione si è aggravata. A denunciarlo non sono solo i sindacati, ma anche le associazioni dei genitori e la Fondazione “Giovanni Agnelli” che monitora da anni i numeri del pianeta istruzione. A parlare di una situazione insostenibilie è per prima la segretaria della Flc Cgil Gianna Fracassi: “L’aumento esponenziale dei contratti a tempo determinato nella scuola statale”, denuncia, “dimostra il fallimento di tutti i governi che si sono succeduti negli ultimi anni”. Un fallimento che riguarda tutti i fronti: “Organici, formazione iniziale, reclutamento”. E il futuro non lascia prospettare svolte positive: “I tanti interventi su questa materia non solo si sono dimostrati inefficaci rispetto alle aspettative legittime di lavoratori e lavoratrici e ai bisogni di stabilità della scuola, ma hanno determinato una situazione che va via via aggravandosi”.

I ritardi dovuti al concorso Pnrr e la beffa dei corsi abilitanti a pagamento – A un quadro già compromesso, si sono aggiunte le complicazioni relative alle scadenze del Piano di ripresa e resilienza. Lo denuncia è il direttore della fondazione torinese Andrea Gavosto: “L’aumento del numero di precari nella scuola italiana”, dichiara, “è anche la conseguenza del ritardo del governo nell’attuazione della riforma delle assunzioni e della formazione iniziale prevista dal Pnrr”. Infatti, continua, “il ministero dell’Istruzione e quello dell’Economia hanno autorizzato un numero di assunzioni minore del solito per mantenere i posti a chi vincerà il primo concorso Pnrr, che però è in forte ritardo. Quindi, molti vincitori di concorso andranno in cattedra nel nuovo anno solare, ma nel frattempo i posti sono coperti da precari”.

Una scelta che ha già avuto degli effetti diretti, come evidenziato dal segretario della Uil Scuola Giuseppe D’Aprile: “Il non aver autorizzato tutti i posti disponibili, in attesa di una futura procedura concorsuale, determinerà, in molte regioni, la mancata assunzione in ruolo dei docenti inseriti nelle graduatorie dei concorsi ordinari”. Per Fracassi promettere future assunzioni non è sufficiente: “L’amministrazione si appella agli obiettivi del Pnrr per giustificare che per il secondo anno consecutivo le immissioni in ruolo saranno limitate, ovvero 45mila autorizzate su quasi 65mila posti vacanti”. Ma si tratta di “una scelta politica che lascia a bocca asciutta” in tanti, come per esempio gli idonei del concorso 2020”.Ovvero circa 30mila persone che, da mesi, fanno pressioni sulla politica per chiedere di non essere dimenticati e perché la loro situazione venga sanata.

Ma non è l’unica beffa per i precari. Alle selezioni da superare (e che possono non bastare per la stabilizzazioni), si aggiungono le ulteriori spese per aspirare all’assunzione. Come rilanciato recentemente da “Il Manifesto” e denunciato da mesi da chi spera nel posto fisso, la riforma dell’ex ministro dell’Istruzione Patrizio Bianchi richiede infatti il conseguimento di sessanta crediti formativi per poter accedere ai futuri concorsi. Per ottenerli servono corsi abilitanti che, anche se offerti da università pubbliche, sono a pagamento. Questo significa che la maggior parte dei precari del prossimo anno scolastico avranno in più l’onere di frequentare entro la fine dell’anno delle lezioni obbligatorie. E, al di là del tempo necessario per seguirle, a pesare soprattutto sono i costi che, come scritto dal Manifesto, oscillano tra i 1.660 e i 2.500 euro. Una situazione denunciata anche da Gavosto della Fondazione Agnelli: “I corsi di abilitazione per i cosiddetti ‘ingabbiati'”, ovvero chi era giù in graduatoria e gli unici finora attivati, “creeranno ulteriore pressione sui precari, riducendo i posti a disposizione. Alla fine i decreti attuativi del governo Meloni peggiorano la situazione dei precari senza migliorare la qualità professionale di chi andrà in cattedra”.

Dal personale Ata al sostegno: i numeri di un “precariato senza precedenti” – A consegnare una mappa dettagliata sui numeri è la Uil Scuola che in queste ore sta monitorando la situazione: “Siamo di fronte ad un precariato senza precedenti”, riassume D’Aprile.

Tema docenti. Su 63.685 posti vacanti utili per le immissioni in ruolo, ne sono stati autorizzati solamente 45.124. Il 70% del totale. Per cui, per il 2024/25, i posti vacanti da assegnare ad un supplente fino al 31/8 saranno quasi 19 mila. Anche in questo caso si dovrà aggiungere tutto l’organico cosiddetto “in deroga”, posto comune e di sostegno – posti cosiddetto di fatto al 30 giugno e che rispondono alle vere esigenze delle scuole – che supererà come gli anni passati, le 230mila unità.

Sul sostegno la situazione è ancora più drammatica, basti pensare che si sono superate le 100mila cattedre sull’organico di fatto. E per il 2024/25 il dato potrebbe essere più alto. La situazione la riassume il presidente dell’Anief Marcello Pacifico: “Un posto su due è in deroga assegnato ai supplenti e non ai ruoli con violazione della continuità didattica”. Un quadro che non piace soprattutto ai mamme e papà. Lo sa bene Angela Nava, coordinatrice nazionale di “Genitori Democratici” che a ilfattoquotidiano.it dice: “Riteniamo necessario un intervento su questo tema, tenendo conto delle grandi criticità a tutti note. E’ necessario incrementare il numero di docenti specializzati sul sostegno per rispondere a bisogni sempre più complessi nelle classi, bisogni che non sono connessi soltanto alla presenza di studenti e studentesse con disabilità certificate, ma anche al supporto che deve essere offerto alla comunità della classe all’interno della quale l’alunno/a con disabilità si trova”. Bocciata invece, l’idea del ministro di dare la possibilità alle famiglie di scegliersi il proprio docente di sostegno: “Potrebbe attivare rapporti ambigui di “vassallaggio” con i docenti”.

Per quanto riguarda il personale Ata (collaboratori scolastici, amministrativi etc) su circa 30mila posti disponibili ne sono stati autorizzati solo circa 10mila. 20mila posti resteranno vacanti e per coprirli si procederà necessariamente ad assumere personale precario con nomina fino al 31 agosto. A questi si devono aggiungere tra i 30 e i 40mila posti in organico di fatto, basato sulle reali esigenze delle scuole, su cui si assumerà il supplente fino al 30/6. Nel 2023/24 furono 36.439 i contratti stipulati fino al 30/6. Si supereranno così abbondantemente i 50mila contratti a tempo determinato. A questi si aggiungono 43 educatori su 487 posti vacanti nei convitti e negli educandati. “Una norma di legge – racconta Fracassi – che vincola le assunzioni al turn over, produce l’effetto paradossale che le immissioni in ruolo per il prossimo anno saranno inferiori a quelle dello scorso anno a fronte di un aumento dei posti disponibili”.

Una “bomba” ad orologeria è annunciata anche negli uffici delle scuole: “Le segreterie sono ridotte ai minimi termini – afferma il presidente Anief Pacifico – negli ultimi anni sono stati tagliati oltre cinquanta mila posti. Inoltre, con il moltiplicarsi delle incombenze lavorative dovute alla gestione dei progetti derivanti dal Pnrr, le cose sono ulteriormente peggiorate”.

Sembra andare meglio solo sul versante presidi dove, nonostante le reggenze (ovvero le scuole amministrate da un altro dirigente in assenza del titolare) siano ancora tante (almeno oltre 250) qualche miglioramento c’è stato. In Veneto saranno solo dieci; in Campania quaranta su 389 posti con una diminuzione di oltre i tre quarti rispetto allo scorso anno. Nel Lazio, 62 reggenze su 685 relative ai dirigenti che hanno incarichi nominali, aspettativi e simili. In Sardegna si parla di venti e in Sicilia di 41. La Puglia si ferma a 33, la Calabria a 19 e il Friuli a 6. Timidi segnali in un quadro sempre più deteriorato che potrebbe essere però ulteriormente terremotato se – dopo la sospensiva adottata a Ferragosto – il Tar dovesse accogliere nel merito il ricorso di diversi docenti contro la graduatoria pubblicata dal ministero.

Per i sindacati, l’allarme sulla precarietà preoccupa ancora di più perché non arriva all’improvviso, ma è semplicemente la conseguenza di una situazione su cui non si è ancora intervenuti abbastanza. “Un consueto copione – conclude D’Aprile della Uil Scuola – che ormai si ripropone da tempo e che evidenzia le solite scelte ragionieristiche attraverso le quali si pensa di fare cassa. È arrivato il momento di intervenire con un piano straordinario di immissioni in ruolo su tutti i posti vacanti. Una politica attenta deve prendere atto della situazione attuale e agire di conseguenza per garantire il corretto funzionamento delle scuole e il benessere di tutta la comunità educante”. E chiude: “Il precariato è una piaga che affligge la scuola italiana da molto tempo”.

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