C’è chi dice che le trattative si fanno anche davanti ai media… e c’è chi mente. Soprattutto quando i soldi non sono tantissimi, i casi sono spinosi e il campionato è alle porte. O è iniziato. È stato scritto e riscritto: molte squadre top di Serie A, Inter e Milan a parte, sono dei veri e propri cantieri aperti. C’è chi ha accettato la situazione, ma c’è anche chi invece si lamenta. E lo fa prima in privata sede, poi davanti ai giornali. Che vuol dire, davanti ai tifosi. E più si chiede un livello alto, più gli allenatori si dimostrano poco piegati a logiche aziendali.
Per capirlo, basta partire dalle dichiarazioni di Gian Piero Gasperini, che quando ha da lamentarsi lo fa senza troppi giri di parole. “Al momento, l’Atalanta è più indietro rispetto alla passata stagione” ha detto qualche settimana fa. Quando il caso Koopmeiners gli era appena esploso tra le mani e non si aspettava minimamente di poterne vivere un altro, quello di Lookman. Proprio ieri, l’attaccante ha chiesto di non essere convocato per la prima di campionato (che sarà stasera a Lecce) per logiche di calciomercato: vorrebbe un trasferimento al Paris Saint-Germain, che però ufficialmente non si è fatto avanti con l’Atalanta. Morale: muro tra società e agenti del giocatore, che adesso è fuori rosa e crea un danno non da poco al calcio gasperiniano. L’allenatore ieri non ha parlato, lo farà oggi nel postpartita. Ma di sicuro ribadirà quello che ha già avuto modo di dire: tutta la sua preoccupazione per una squadra che si sarebbe dovuta finalmente consolidare tra le grandi, vista anche la vittoria di Europa League, ma che sta vivendo un fuggi-fuggi generale di giocatori del tutto inaspettato e non preventivabile.
Non sta andando meglio a Conte, il cui esordio è stato terribile: sconfitta per 3-0 in casa del Verona contro ogni pronostico e delle scuse “a tutto il pubblico di Napoli per la prestazione vergognosa”. Già qualche giorno fa l’allenatore aveva avuto da ridire sul mercato che non decollava e l’ha ancora ribadito: “Siamo indietro, ma dovreste parlarne con la società. Io alleno i giocatori che ho, e chi pensa che il decimo posto dell’anno scorso fosse stato solo una brutta casualità, si sbaglia di grosso”. Alle sue intemperanze il mondo del calcio è abituato da tempo, ma l’ex Inter ha di fatto scaricato mezza rosa, aspetta rinforzi che non arrivano (anche se Neres è stato acquistato, e ora si prova a stringere per Lukaku indipendentemente dalla situazione Osimhen) e con la società – e che società – il rapporto già sembra teso.
Se si scende un po’ di classifica, si può anche guardare al Genoa. Dove Alberto Gilardino, che in due settimane ha perso Retegui e Gudmundsson, non le ha di certo mandate a dire: “Ci servono rinforzi, è arrivato Pinamonti in attacco ma non basta. La rosa è incompleta”. Parole di sicuro meno eclatanti, ma chiare, che dimostrano un segnale alla dirigenza inequivocabile. Ci sono poi tre situazioni da outsider, che riguardano Milan, Juve e Inter. Prima i nerazzurri. Inzaghi non è persona che esprime grosse lamentele, gli è stata confermata la rosa che ha vinto lo scudetto e sono arrivati due rinforzi importanti come Zielinski e Taremi. Ma ai media ha reso noti i piani: “Ci serve un difensore centrale mancino giovane”. Trasparente e cristallino, come Motta che ha aperto alla clamorosa cessione di Chiesa: “Sono stato chiaro con lui come con tutti. I piani non sono cambiati: è fuori rosa e deve trovare una sistemazione”, ha detto l’allenatore dell’anno zero bianconero.
E il Milan? La situazione è quasi ribaltata. Fonseca dopo l’arrivo di Fofana ha detto: “Il nostro mercato in entrata è chiuso, ora dobbiamo sfoltire”. Ma Ibrahimovic non è d’accordo: “Il mercato chiude quando lo decide la società, cioè quando lo dico io. Riprendo la metafora della creazione del mondo: Dio l’ha fatto in sette giorni, siamo al sesto”. Come a dire: “Caro Fonseca, tu devi solo pensare ad allenare”. Un fatto singolare, che regala curiosità ai tifosi e titoli ai giornali. Con la speranza, per i rossoneri, che possa regalare anche trofei.