di Paolo Gallo, attivista M5S

Dov’è finita la coerenza? Abbiamo attaccato e continuiamo ad attaccare Renzi reo di non aver abbandonato la politica dopo il clamoroso flop del suo referendum, ma siamo disposti a passar sopra all’unica regola principe che ci ha resi credibili nel panorama politico costellato da compravendita di parlamentari, leggi ad personam e professionisti della politica.

Sono due gli episodi che hanno portato il Movimento 5 Stelle ad essere ciò che non è più: la morte di Gianroberto Casaleggio e la rovinosa gestione del partito in capo a Di Maio. Una continua perdita di voti (sia percentuale che in valori assoluti) dovuti ai continui tradimenti camuffati da votazioni online le cui risposte erano già prevedibili, proprio come quella dell’elezione del Capo politico Di Maio o quella sul programma condiviso con la Lega.

È proprio dal 2018 che molti attivisti e simpatizzanti hanno abbandonato il progetto Grillo-Casaleggio: governare con i populisti secessionisti del Nord è stato un rospo difficile da ingoiare, sebbene abbia permesso, ad esempio, l’istituzione del reddito di cittadinanza (gli stessi leghisti che poi, una volta al governo con Giorgia nazionale, non ne dubitarono nemmeno per un istante l’abolizione).

Non eravamo un partito, lo siamo diventando a tutti gli effetti, ma questo non per forza è un punto a sfavore: per fortuna la gestione Conte sta riportando i vecchi meetup sui territori grazie ai Gruppi territoriali. A Conte il Movimento, tutti gli eletti e le elette, attivisti/e e simpatizzanti devono molto: ha gestito una pandemia mondiale, ha tenuto insieme il partito garantendone una discreta rappresentanza alle elezioni del 2022, ha chiesto scusa per l’appoggio al governo Draghi.

Conte è l’unico leader che può continuare a traghettare il M5S verso la realizzazione di progetti sociali, culturali, ambientali ed economici con una visione al futuro. La leadership di Conte non è in discussione. Men che meno il garante Grillo, a cui tutti noi dobbiamo diversi ‘grazie’. Grazie per aver scosso le nostre coscienze.

Faccio miei gli interventi e gli appelli di Mariolina Castellone e Luigi Gallo.

Il mio appello è a quei 300 futuri sorteggiati a sorte che dovranno decidere il destino di quello che non volevano essere: casta. Non derogate al secondo mandato: siate (siamo) coerenti con le nostre radici. Abbiamo sdoganato le alleanze nel campo progressista, la linea è ormai tracciata, i temi viaggiano in quella direzione, la pace è la via maestra, ma diventare (o peggio fare diventare) élite una manciata di persone è il prossimo (e forse ultimo) errore che possiamo fare.

I carrieristi della politica lasciamoli al di fuori e facciamo in modo che non usino il nostro simbolo per far della politica una loro professione. Diventare una brutta copia di ciò che abbiamo sempre sostenuto di non voler essere sarebbe il triste sipario di un progetto che ha ancora molto da dare all’Italia.

Lottiamo tutti i giorni sul territorio per fare capire la bontà dei nostri progetti, dei nostri programmi ad ogni tornata elettorale e solo noi sappiamo quanto sterco, a distanza di 15 anni ancora, dobbiamo sbadilare ai banchetti. Quanto ancora siamo disposti a sentirci dire ‘siete come tutti gli altri’?

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