di Flavio Barbaro, Gaia Gori e Francesco Saverio Zucchini
Donald Trump ha costruito non solo diversi apparati fallaci, a partire dalle sue stesse imprese che presentano diversi milioni di dollari di debiti, stando a quanto riportano la CNN e il New York Times, ma anche una vera e propria idea di politica estera che potrebbe mettere in pericolo la stabilità dell’Europa e forse anche quella degli Stati Uniti.
Una delle frasi più famose della prima campagna presidenziale di Trump fu infatti: “Take the oil!”, quindi una politica estera basata sul ritorno economico: l’importante è che gli altri paesi paghino la dovuta quota, e ciò si può vedere sia nelle ripetute accuse contro i paesi della Nato, poiché non investirebbero abbastanza nella Difesa, sia anche nella sostanziale autonomia nelle scelte rispetto agli altri alleati e rispetto alle istituzioni e alla politica, non essendo costretto a passare per il Congresso. Una politica estera basata sul controllo e non sulla cooperazione.
Infine c’è il lato economico, sia estero che interno: da un lato un’Europa che accuserebbe l’elezione con un euro più debole e con il ritorno del protezionismo (si vedano i dazi sulle importazioni, che colpirono anche la nostra economia), dall’altro un maggior isolazionismo sullo scenario internazionale, sulla scia del motto “America First”, si tradurrà probabilmente in una serie di misure protezionistiche, come quelle già adottate in passato, con conseguenze negative sugli scambi commerciali e problemi di destabilizzazione per quanto riguarda i mercati finanziari.
Maggior protezionismo, ma anche maggior individualismo, con una maggiore deregolamentazione e meno tasse, tutto a scapito del già debole sistema del welfare state statunitense e delle fasce più povere della popolazione, composte principalmente dalle minoranze (soprattutto nera e latino-americana).
L’elezione di Trump se si dovesse verificare potrebbe rappresentare un ulteriore fattore di instabilità internazionale in un contesto geopolitico odierno già abbastanza complicato.