Un sequestro da oltre cento milioni di euro è stato eseguito dagli uomini della Direzione investigativa antimafia (Dia) nei confronti degli imprenditori Antonio e Carmelo Paratore, padre e figlio, a capo di uno dei gruppi più importanti della Sicilia orientale nel campo dei rifiuti, considerati il braccio imprenditoriale del clan di Cosa nostra Santapaola–Ercolano. La confisca, disposta dalla Sezione misure di prevenzione del Tribunale di Catania, riguarda 14 società, otto fabbricati e numerosi conti correnti e rapporti finanziari. Secondo quanto ricostruito dalle indagini coordinate dalla Direzione distrettuale antimafia di Catania (Dda) – che già nel 2020 avevano portato all’arresto dei due imprenditori nell’operazione “Piramidi” – da decenni i Paratore mantengono un “forte legame, conclamato in atti giudiziari” con Maurizio Zuccaro, boss ergastolano detenuto nel carcere di Opera a Milano e già condannato per l’omicidio del pentito Luigi Ilardo nel 1996. In particolare, Antonio Paratore, in quarant’anni di attività, è passato da “umile carpentiere” a essere “uno dei più facoltosi imprenditori” dell’isola, grazie alle massicce immissioni di capitali nel gruppo avvenute negli anni Novanta da parte dei Santapaola-Ercolano.
Negli anni, riferisce una nota degli investigatori, i Paratore “sono riusciti a creare una vera e propria galassia di imprese, diversificando le attività della famiglia con società attive nei servizi di pulizia degli ospedali, nel settore immobiliare e nella gestione di un notissimo stabilimento balneare, sito sul litorale catanese”. La crescita del gruppo industriale, sostengono i pm della Dda, si è registrata in concomitanza con l’ascesa al vertice del clan del boss Zuccaro. I Paratore hanno anche partecipato al battesimo della figlia dell’ergastolano e al matrimonio del primo figlio, a sua volta condannato per reati di mafia. Il Tribunale ha anche disposto nei confronti dei due imprenditori la misura della sorveglianza speciale con obbligo di soggiorno nel Comune di residenza per tre anni.