Può farcela, “Yes, she can!”. E, ancora, quella “speranza” che accompagnò – racchiusa in un’illustrazione di Obey – la campagna presidenziale del 2009. Con due richiami simbolici forti, Barack e Michelle Obama hanno dato il loro supporto alla candidatura di Kamala Harris alla Casa Bianca. Declinando al femminile il motto che lo portò a guidare gli Stati Uniti, l’ex presidente ha lanciato Harris davanti alla platea della Convention democratica di Chicago, a conclusione della seconda giornata di lavori. L’intervento di Obama era il più atteso nel programma, dopo quello del giorno prima di Joe Biden, al quale ha reso omaggio: “È stato un presidente eccezionale che ha difeso la democrazia”, ha detto.

Ma, “ora il testimone è stato passato” e fino alle elezioni di novembre “sarà una corsa serrata in un Paese diviso”. Donald Trump “vede il potere solo come un mezzo per i suoi fini”, ha attaccato Obama, prendendosi anche gioco del suo successore. Ha una “folle ossessione per le dimensioni delle folle”, ha detto, facendo poi un gesto con le mani a suggerire altro, accolto dalle risate del pubblico. “Se tutti facciamo la nostra parte, se lavoreremo come mai fatto prima, eleggeremo Kamala Harris prossima presidente degli Stati Uniti”, quindi, “mettiamoci al lavoro”, è stata ancora una volta l’esortazione di Obama, primo presidente nero della Storia degli Stati Uniti, chiamato a spingere il popolo democratico a compiere un altro passaggio storico: portare la prima donna ner alla Casa Bianca.

Altra star della seconda giornata della convention è stata Michelle Obama, finita nel novero dei possibili nomi per sostituire Biden e anche lei accolta da una standing ovation dei delegati e del pubblico. “America, la speranza è tornata”, ha detto l’ex first lady richiamando quel “hope” coniato da Obey che accompagnò la campagna del marito. “Kamala harris è più che pronta per questo momento, è una delle persone più qualificate per la carica di presidente”, ha proseguito Michelle nel suo intervento, che ha preceduto quello del marito.

L’ex first lady ha anche attaccato direttamente il candidato repubblicano: “Chi dirà a Donald Trump che il lavoro che vuole potrebbe essere un altro di quei ‘lavori da neri’?”, si è chiesta con graffiante ironia ricordando le dichiarazioni, da toni sia xenofobi che razzisti, dell’ex presidente riguardo al fatto che i migranti ruberebbero ‘black jobs’, posti di lavoro da neri.

E l’ex first lady non ha esitato ad accusare Trump di fatto razzismo ricordando il ruolo che ebbe il tycoon nell’attaccare e minare la legittimità della presidenza del marito: “Per anni, Donald Trump ha fatto tutto quello che era in suo potere per spingere la gente a temerci – ha detto – la sua limitata e miope visione del mondo si sentiva minacciata da due grandi lavoratori, persone altamente istruite e di successo che erano afroamericane”.

Per alcuni istanti, l’ex coppia presidenziale si è concessa un lungo abbraccio sul palco della convention, mandando in visibilio i presenti, che hanno intonato lo slogan della vittoriosa campagna 2008, “Yes we can”. Dopo il tributo a Biden della prima giornata, la Convention di Chicago si è concentrata sulla figura di Harris, celebrata in molti degli interventi. In particolare, quello del marito, Doug Emhoff: “Kamala è una guerriera gioiosa. Sta facendo per il suo Paese ciò che ha sempre fatto per le persone che ama. La sua passione sarà di beneficio a tutti noi quando sarà il nostro presidente”, ha detto il second gentleman.

“Kamala è pronta per guidare il Paese e sarà un grande presidente di cui saremo fieri”, ha aggiunto Emhoff. Poco prima, in collegamento da Milwaukee, dove stava prendendo parte a un comizio insieme al suo vice, Tim Walz, Harris aveva simbolicamente accettato la nomination alla Casa Bianca. “Siamo veramente onorati di essere i vostri candidati”, ha detto la vice presidente, quando si era appena concluso il roll call, la chiama dei delegati, che in realtà era già avvenuta in forma virtuale prima della convention.

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