E se il decreto firmato da Putin per concedere asilo politico in Russia agli occidentali che si sentono minacciati da gay e libertà fosse la volta buona? La volta buona per vedere personaggi come Salvini, Vannacci e – aggiungo – il piemontese Maurizio Marrone, fare le valige ed andarsene?

Certo, per quel che si legge, il provvedimento rischia di lasciare l’amaro in bocca a quanti sognano l’approdo definitivo nella terra dell’ordine e della normalità, dove la tradizione fa da baluardo alla “castomizzazione” della morale ad esclusivo vantaggio del consumismo edonista e del capitale, perché offre soltanto un temporaneo permesso di soggiorno in Russia: non la piena e definitiva cittadinanza. Ma tant’è: la strada è aperta e consente almeno di mettere ciascuno di fronte alla possibilità di scegliere.

Tra cosa? Sgombriamo il campo dalla fuffa.

La posta in gioco non è quella di scegliere tra modelli economici più o meno rispettosi della dignità della persona o dell’ambiente: al realismo capitalista, per dirla con Mark Fisher, per ora pare non esserci una alternativa radicale, veramente desiderata. Infatti, ora in salsa più sfrenatamente liberista, ora in salsa più ferocemente statalista il modo economico di stare al Mondo prevede ovunque il binomio accumulazione capitalista e consumo individuale.

Piuttosto proprio il clamoroso successo della Cina illiberale e capitalista ha dimostrato che può tranquillamente saltare il binomio tra democrazia liberale e sviluppo capitalismo. Il consumismo prospera anche in assenza di libertà civili e politiche.

Allora qual è la posta in gioco? Quella tra una società “aperta” ed una società “chiusa”. “Aperta” cioè fondata sulla incomprimibile libertà dell’individuo, che si realizza all’interno di una cornice di doveri sociali che la limitano soltanto in ragione del rispetto della libertà e della dignità altrui, una società quindi che si auto governa attraverso una democrazia necessariamente pluralista, relativista, laica, che mette in “concorrenza” differenti punti di vista sulla realtà, nel perimetro valoriale della Costituzione. “Chiusa” cioè fondata sulla prevalenza di una certa componente sociale che pretende di imporre come normalità universale il proprio specifico modo di essere, il proprio punto di vista sulla realtà, una società quindi che potrà autogovernarsi attraverso un “partito unico” che interpreti autenticamente il desiderio del “popolo” e questo potrà avvenire anche salvaguardando forme apparentemente democratiche.

Gli alfieri della società “chiusa” hanno orrore delle società “aperte” ritenute non soltanto imbelli e corrotte, ma soprattutto “giocattolo” nelle mani del grande turbo-capitalismo globale che alimenterebbe una esagerata idea di libertà individuale soltanto per moltiplicare bisogni e consumi, facendo perdere ogni altra “bussola” morale, che possa contendere spazio all’edonismo individualista.

Per carità, non sfuggono a chi scrive gli abomini e i genocidi del turbo capitalismo globale. Ma gli alfieri della Società “Chiusa” non propongono alcuna alternativa a queste terribili brutture, la prova è che tra i campioni della conversione illiberale ed autoritaria della democrazia in Occidente stia uno come Elon Musk, che dona un cybertruck al leader militare ceceno Kadyrov e viene accolto come un Capo di Stato da Meloni e Salvini in Italia.

La società “Chiusa” è quella del normalizzatore Vannacci che insiste sui “tratti somatici italici” come manco le leggi razziali fasciste si spinsero a fare, della “Giorgia-donna-madre-cristiana”, del Salvini che bacia rosari in pubblico, è quella della Le Pen, di Orban, è quella condensata nel manifesto politico scritto dal neo nazista Breivik ed inviato ad oltre mille indirizzi di altrettante organizzazioni di destra in Europa, prima di massacrare a sangue freddo 69 giovani laburisti norvegesi ad Utoya il 22 Luglio del 2011, colpevoli di attentare alla “nazione norvegese” con le loro idee di pluralismo, laicità, Europa… E’ quella documentata dall’inchiesta di Fanpage sulla “Gioventù meloniana”: razzista, omofoba, nostalgica ed anti semita. Ma è anche quella mafiosa, che infatti con l’autoritarismo illiberale è sempre andata a nozze: la cultura mafiosa è madre di ogni autoritarismo violento.

Ed infatti mafiosi e autoritari-illiberali hanno un’altra cosa in comune: il disprezzo per la donna, la negazione della sua autonomia. Tanto peggio per loro poi se pretendono anche di farne bandiera, leggi alla voce Franca Viola e Anna Politcovskaja.

Buon viaggio, io resto: preferisco Gobetti!

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