Verso una “guerra” fra Regioni e il campo di battaglia, esclusivamente legale, sarà la Corte costituzionale. Sì perché “se la Sardegna farà ricorso contro la legge il Governo non ha bisogno di avvocati difensori, si difenderà davanti alla Corte Costituzionale, ma il Veneto pensa di essere assolutamente danneggiato da un ricorso che impedirebbe a noi di avviare un percorso di Autonomia. Quindi, ci presenteremo in Corte Costituzionale per opporci al ricorso della Sardegna” ha detto il presidente del Veneto, Luca Zaia, commentando l’annuncio della Regione Sardegna di ricorrere contro l’applicazione della legge Calderoli. Il 21 agosto, proprio quando ormai la raccolta firme contro la legge ha raggiunto il mezzo milione, è arrivata la notizia seguendo l’esempio della Puglia, anche la Sardegna aveva scelto di impugnare la legge di fronte alla Corte costituzionale: la delibera di 55 pagine contenente il ricorso è stata approvata mercoledì dalla giunta regionale dell’isola, guidata dalla pentastellata Alessandra Todde.

Sardegna, Puglia, Toscana – Con Sardegna e Puglia anche la Toscana. Che ha presentato ricorso alla Corte Costituzionale contro la legge per l’attuazione dell’autonomia differenziata perché ritiene che contraddica lo spirito della Costituzione italiana. “La Toscana – ha spiegato il governatore Eugenio Giani – ha presentato ricorso basandosi su 12 punti: il principale è il fatto che a mio giudizio la legge di Calderoli contraddice lo spirito dell’articolo 116 della Costituzione, perché individua una serie amplissima di materie in modo generale” e “quindi le Regioni con questa legge diventano Regioni a statuto speciale come quelle che già ci sono. Ecco quindi che parliamo di ‘Spacca Italia. Invece – argomenta Giani – l’articolo 116 della Costituzione chiede ‘particolari’ forme di autonomia, ovvero il leggere in ciascuna regione quello che è specifico e che può essere gestito in autonomia. In Toscana, per esempio, i beni culturali, la geotermia, le zone lacustri di interesse nazionale come la Laguna di Orbetello, l’arcipelago, ovvero una ricchezza di tante isole che richiedono una specificità di gestione”.

Il governatore Giani – Giani ha poi evidenziato un altro aspetto della legge sull’autonomia differenziata contestato dalla Toscana, ovvero “il mancato coinvolgimento delle Regioni nel procedimento che ha portato all’approvazione della legge” ma anche “il rischio che la legge stessa possa portare all’eliminazione dell’intera potestà legislativa concorrente e che non siano assicurate, o comunque, previste adeguate forme di coinvolgimento del Parlamento a tutela dell’unità nazionale. Altre contestazioni, contenute nel ricorso, riguardano i principi e i criteri direttivi per l’esercizio della delega legislativa volta alla determinazione dei Lep, livelli essenziali delle prestazioni”.

I Lep e il ricorso – Il professore Andrea Pertici, avvocato e docente di diritto costituzionale all’Università di Pisa, che ha collaborato con l’avvocatura della Regione per il ricorso, si è soffermato sulla determinazione dei Lep (livelli essenziali di prestazioni). “La legge – ha detto – prevede che siano solo individuati e non finanziati né garantiti, come invece sarebbe opportuno. A ciò si aggiunge la questione dell’extra gettito e del fondo perequativo, previsto dal 119 della Costituzione, fondo istituito proprio per garantire a tutte le regioni i diritti fondamentali. La legge sembra mantenere un extra gettito sempre maggiore per alcune a detrimento di altre, senza assicurare un equilibrio; tutto questo – conclude – potrebbe innescare una sorta di corsa all’autonomia differenziata per avere maggiori vantaggi”. Per il presidente del Consiglio regionale della Toscana, Antonio Mazzeo, “dopo la richiesta di referendum avanzata dai Consigli regionali e le oltre 500mila firme dei cittadini per abrogare l’autonomia differenziata oggi la battaglia contro questa norma che spacca l’Italia si arricchisce del ricorso della Toscana alla Consulta. Un’iniziativa utile e parallela al referendum, per fermare una legge ingiusta, che aumenta le disuguaglianze e crea 20 piccole Italie più deboli e fragili”.

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