Stava pianificando un attentato kamikaze per poter uccidere un gran numero di persone tra i fan di Taylor Swift, durante uno dei tre concerti previsti a Vienna. Il diciannovenne austriaco di origini nord-macedoni, arrestato, aveva giurato fedeltà all’Isis, “Intendeva commettere un attentato utilizzando esplosivi e armi”, ha dichiarato Omar Haijawi-Pirchner, direttore dei servizi di intelligence. Gli esperti di sicurezza avvertono che questo incidente è tutt’altro che isolato e mette in evidenza una tendenza crescente e profondamente preoccupante in tutta Europa, che segnala l’ascesa di una nuova generazione di giovani che hanno subito una radicalizzazione online.

Già nel 2020 un uomo di origini nord macedoni, armato di un fucile d’assalto AK-47 e di un machete, aprì il fuoco presso la sinagoga dello Statdtempel, sulla Seitenstettengasse, in pieno centro cittadino a Vienna. L’autore dell’attentato era Kujtim Fejzulai (alias Abu Dujana al-Albani), radicalizzato già noto alle autorità austriache. Ventenne, nato nella cittadina di Mödling, a sud di Vienna, Fejzulai apparteneva ad una famiglia albanese originaria della Macedonia del Nord ed aveva doppio passaporto austriaco-macedone.

La presenza in Austria di predicatori e seguaci salafiti di origine balcanica, in particolar modo bosnicaca, non è un caso, visto che Vienna negli anni 90 ha rappresentato un importante centro logistico e finanziario per alcune agenzie umanitarie che raccoglievano fondi utilizzati per supportare le milizie musulmane durante la guerra in Bosnia e nel Kosovo, per organizzare il trasferimento di combattenti stranieri. Il salafismo e il radicalismo islamista sono diventati strumenti per la cooptazione della rabbia popolare, soprattutto nelle aree rurali più vulnerabili e poco sviluppate di Bosnia, Kosovo, Macedonia del Nord, Montenegro e Albania.

Tra il 2014 e il 2018 si è verificata un’ondata senza precedenti di attività terroristiche jihadiste in Austria, principalmente legate proprio al presunto “Stato islamico”. Circa 331 radicalizzati austriaci si sono recati in Siria e in Iraq, con un’età media inferiore ai 25 anni per ingrossare le fila dell’Isis. Ad oggi molti individui sono stati rilasciati dalle prigioni.

Per comprendere meglio questo tipo di autori sono stati analizzati i fascicoli di 56 terroristi jihadisti condannati. Metà di questi erano combattenti stranieri mentre altri hanno contribuito diffondendo propaganda, reclutando e assumendo la leadership. Inoltre, sono stati condotti dei focus group che hanno fatto luce su diverse variabili sociodemografiche, dimostrando che non c’era un profilo specifico. Infine è stato riscontrato un notevole nesso tra criminalità e terrorismo. Una buona fetta aveva avuto un passato criminale prima del coinvolgimento nell’estremismo violento.

La minaccia jihadista in Austria non risale sicuramente all’ultimo mese. Quello che incide maggiormente secondo Lorenzo Vidino, uno dei massimi esperti in terrorismo, è sicuramente la connection con l’area balcanica ma anche la presenza in Austria dei Fratelli Musulmani che hanno avuto una qualche forma di contatto con vari apparati dello Stato austriaco. Questi contatti potrebbero essere stati occasionali o permanenti e vanno dai livelli inferiori dell’apparato statale (es. piccole agenzie a livello locale) fino ai vertici dello Stato austriaco. Insomma l’ambiente dei Fratelli Musulmani non rappresenta un attore isolato.

Non da ultimo la presenza di veterani del jihad nell’area balcanica risale alle guerre balcaniche degli anni Novanta ed è stata confermata sia dai flussi e dai numeri dei foreign fighters partiti da questi paesi. I Balcani restano un crocevia strategico nel cuore dell’Europa, ma anche una terra dove convivono culture, popoli, religioni diverse. In questo contesto, la minaccia jihadista nei Balcani è ancora viva e presente tanto da influenzare diversi Stati del vecchio Continente.

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