Il problema non è il 2024, che nonostante il calo dei volumi delle elettriche i costruttori chiuderanno senza incorrere in sanzioni per l’insufficiente riduzione delle emissioni medie di CO2 della flotta di nuova immatricolazione, ma il 2025.
Lo rivela una indagine di Dataforce, una società di analisi e consulenza che opera in 27 paesi a livello globale, che ipotizza sanzioni per “centinaia di milioni di euro” per i grandi gruppi automobilistici che operano del Vecchio Continente, in particolare per quelli europei. A partire dal prossimo anno entrano in vigori i nuovi parametri che impongono un significativo abbassamento della dispersione di anidride carbonica nell’atmosfera: fino al 19% per le auto, da 116 a 93,6 g/km, e fino al 17% per i veicoli commerciali leggeri fino a 3,5 tonnellate (da 185 a 154). La sanzione è di 95 euro per ogni grammo in più rispetto agli obiettivi fissati moltiplicato per il numero di veicoli nuovi targati. Nel 2021 le case automobilistiche avevano dovuto sborsare circa 550 milioni di euro per il mancato raggiungimento degli obiettivi.
La strada maestra per centrarli è quella di aumentare le immatricolazioni di mezzi a basse emissioni, ossia elettriche e ibride plug-in (anche se in quest’ultimo caso i dati dell’utilizzo reali raccontano una storia diversa). Prezzi, congiuntura negativa, autonomia, infrastruttura di ricarica e soprattutto la progressiva riduzione degli incentivi (soprattutto in Germania, dove sono stati cancellati con un anno di anticipo) stanno frenando la diffusione delle auto meno inquinanti (su strada) e rilanciando le vendite di quelle alimentate da motori a combustione interna, per i quali resta ancora il divieto di commercializzazione a partire dal 2035.
Nel primo semestre dell’anno nei 27 paesi dell’Unione più Islanda e Norvegia sono state vendute 243.000 auto in più rispetto allo stesso periodo del 2023 (+4,3%), soprattutto per effetto del successo delle Full Hybrid. BEV e PHEV hanno inciso negativamente, perché ne sono state consegnate 9.000 in meno. “Malgrado gli obiettivi ambiziosi, quest’anno i progressi sono stati minimi – si legge nel rapporto di Dataforce – Nei primi sei mesi del 2024 le emissioni sono state più elevate che in tutto il 2023”, anno in cui i 10 gruppi presi in esame sono rimasti sotto i limiti, evitando sanzioni.
Anche per l’anno in corso, malgrado il gruppo Volkswagen, l’Alleanza Renault, Nissan e Mitsubishi e Ford siano leggermente sopra i parametri indicati, Dataforce esclude multe. Sette Case sono già in regola e quelle appena citate non dovrebbero avere problemi a abbassare di uno o due grammi le emissioni medie.
La situazione, come detto, cambierà radicalmente nel 2025 con l’entrata in vigore dei valori più restrittivi. Gli unici già al sicuro sono l’americana Tesla, che ha a listino solo auto a zero emissioni, e la cinese Geely, che in Europa oltre a Polestar e Likn & Co. controlla Volvo, la cui rapida conversione ha portato ad una quota più alta di immatricolazioni “alternative” (56 g/km di CO2 le emissioni medie nel primo semestre del 2024).
Sulla base dei dati attuali, la più vicina al conseguimento dei target per il 2025 è Toyota (105), ma nemmeno Bmw (106) e Hyundai/Kia e Mercedes-Benz Group (108) sembrano essere così lontane. Le situazioni più complesse sono quelle di Ford (125) e del Gruppo Volkswagen (123), ma anche l’Alleanza franco nipponica Renault, Nissan e Mitsubishi (114) e la stessa Stellantis (113) dovranno impegnarsi per evitare multe.
A giudizio di Dataforce, per un costruttore che non offre soluzioni Full Hybrid è necessaria una quota di BEV e PHEV del 37% (quella media dell’UE delle sole elettriche era del 13,3% nel semestre, in calo rispetto al 13,8% di un anno fa). Altrimenti potrebbe essere sufficiente anche un 23% di elettriche e plug-in. Come era già accaduto in passato, i costruttori possono anche “fare gruppo” per abbattere le emissioni medie: nel 2021, ad esempio, FCA, poi confluita in Stellantis, si era accordata con Honda e Tesla, a tutto vantaggio della casa americana che mette a bilancio somme significative grazie a questa voce. Secondo Dataforce, il cosiddetto “pooling” potrebbe venire riesumato nel 2025.
Per Tesla questa ipotesi si aggiunge alla buona notizia che arriva da Bruxelles, che già dal 30 ottobre ridurrebbe i dazi sulle auto fabbricate a Shanghai, in vigore dal 5 luglio, ma in realtà non ancora incassati. Per il costruttore americano l’aggravio si ridurrebbe al 9%. Correzioni al ribasso sarebbero previste anche per Geely (dal 19,9 al 19,3%), per BYD (dal 17,4 al 17%) e SAIC, proprietaria della MG (dal 37,6 al 36,3%). Ai veicoli fabbricati in Cina della joint-venture dei gruppi Volkswagen e Bmw verrebbero applicati i dazi previsti per le aziende “collaboranti”, e quindi ridotti dal 36,3 al 21,3%.