È durato circa 15 minuti il sopralluogo dei carabinieri nella casa di Sharon Verzeni, la donna di 33 anni uccisa a coltellate in strada la notte tra il 29 e il 30 luglio a Terno d’Isola, nella Bergamasca. Ad accompagnare i militari c’era anche il compagno della vittima, Sergio Ruocco, con cui la donna conviveva. Per il 37enne di Seriate – che non è indagato – si tratta della terza convocazione. Anche questa volta Ruocco non era accompagnato dal suo avvocato: “Ha preso parte all’ispezione quale proprietario dell’immobile e non è stato interrogato“, specificano i carabinieri, spiegando che “le motivazioni dell’accesso all’abitazione sono coperte da doveroso riserbo investigativo”. A quanto di apprende, sono state verificate sul posto alcune informazioni raccolte durante gli interrogatori dello stesso Ruocco e degli altri familiari, nei giorni scorsi.

Il compagno di Verzeni è arrivato all’abitazione intorno alle dieci e un quarto, con una macchina dei carabinieri in borghese che è scesa direttamente nei garage, per poi proseguire al primo piano, rimanendo pochi minuti all’interno della casa. L’abitazione della coppia è sotto sequestro dalla notte del delitto. A quanto si apprende, l’intenzione degli inquirenti era quella di scoprire altri dettagli sulla vita della vittima. I tecnici della scientifica sono entrati in casa con indosso le tute bianche, come anche Ruocco che li accompagnava. Finito il sopralluogo, il 37enne è tornato in caserma con i carabinieri. Si è trattenuto circa mezz’ora, poi è uscito e ha lasciato da solo il comando, a bordo della sua auto.

Nel frattempo, i carabinieri del comando provinciale di Bergamo stanno continuando ad ascoltare i parenti di Verzeni. Il 21 agosto, è stata sentita, per tre ore, Maria Rosa Sabadini, madre di Ruocco. All’uscita, la donna è salita a bordo dell’auto di alcuni parenti ed è andata via senza rilasciare alcuna dichiarazione ai cronisti. Gli investigatori stanno ora completando l’audizione di tutte le persone che compongono la sfera relazionale della donna che negli ultimi tempi si era avvicinata a Scientology, ma sulla cui vita non è emersa ancora alcuna ombra. In caserma sono stati chiamati alcuni zii della 33enne che fino a ora non erano mai stati ascoltati. Non essendoci ancora indagati, tutti vengono sentiti come persone informate sui fatti. Il 19 agosto era stata la volta della sorella, del cognato e del fratello di Sharon. Il 20 agosto, invece, dei genitori.

Oltre a movente e a tracce di Dna, manca poi l’arma del delitto, probabilmente un coltello da cucina che non è mai stato trovato. In attesa dei risultati ufficiali dell’autopsia e delle analisi del Ris di Parma sui reperti raccolti sul luogo del delitto e sul corpo di Sharon, si spera ancora che si faccia avanti un testimone che possa aver visto o sentito qualcosa di più di quanto emerso fino a ora. La figura più importante in questo senso finora è quella di Antonio Laveneziana, 76 anni, pregiudicato pugliese che vive in un monolocale a 150 metri dal luogo del delitto. Interrogato due volte dai carabinieri – riferisce il Corriere – in un primo momento ha dichiarato che stava dormendo nel momento in cui la donna veniva assassinata. Poi, di fronte a un filmato che lo ritraeva al balcone di casa in quegli istanti, ha aggiustato il tiro, senza però fornire indicazioni utili. Il 76enne è stato messo sotto indagine per aver rilasciato false dichiarazioni al pm. “La morte è inevitabile ma la violenza no. Caino ha colpito ancora e colpisce ogni giorno”, le parole contenute in una lunga lettera anonima scritta a mano su un foglio e lasciata nel luogo dell’omicidio. “Quel coltello maledetto sta colpendo tutti, affondando la sua lama lentamente nei nostri cuori, creando dolore, rabbia, rimpianti”, chiude il messaggio.

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