È stato introdotto da un suo ex allievo e dalla squadra di football che ha allenato, oggi tutta composta da uomini di mezza età, entrati sul palco della Convention con camicie a scacchi, jeans, cappellini. Subito dopo è partita Small Town di John Mellancamp, il cantore dell’Heartland rurale americano. Se c’erano dubbi sul personaggio che Tim Walz reciterà durante questa campagna elettorale, i dubbi sono stati rapidamente dissolti dalla sua entrata in scena allo United Center di Chicago.

Accettando la candidatura a vicepresidente degli Stati Uniti, Tim Walz ha fatto la parte dell’insegnante di scuola media. Ha fatto l’allenatore. Ha fatto il buon vicino. Ha fatto il padre e il marito. Ha fatto l’uomo della porta accanto, quello in cui tutti possono identificarsi. Ha esibito il buon senso e la spontaneità dell’americano del Midwest. Avvertendo di “non sottovalutare mai un insegnante di scuola media”, Walz si è però lanciato in una serie di attacchi al vetriolo contro Trump e Vance, dipinti come “strani” e pericolosi”.

Il discorso di Walz a Chicago – uno dei più brevi in una serata ancora una volta interminabile – è servito a far conoscere all’America un politico, oggi governatore del Minnesota, fino a qualche settimana fa fuori dai radar della grande politica nazionale. Si è detto che Kamala Harris l’abbia scelto come vice per la sua semplicità e per le capacità comunicative. Sono doti che Walz ha mostrato sin dalle prime frasi del suo discorso, quando ha ricordato di essere cresciuto a Butte, un villaggio di 400 persone in Nebraska, dove “c’erano 24 bambini nella mia classe, e nessuno di loro è andato a Yale” (frecciata contro il suo rivale vice, JD Vance, l’uomo che esibisce un’anima popolare e populista e che invece ha frequentato una delle scuole più elitarie del Paese). Walz ha quindi tracciato una breve autobiografia. Gli anni di servizio nella Guardia Nazionale. La possibilità di andare al college grazie ai contributi pubblici. La decisione di diventare insegnante. Il lavoro come allenatore della squadra di football.

Non c’è voluto molto prima che Walz mostrasse il vero centro e senso del suo discorso: la libertà, che però, nel linguaggio di un uomo del Midwest, quale Walz è, diventa “fatti i fatti tuoi”. Il governatore ha raccontato della sua famiglia, la moglie Gwen, anche lei insegnante media, i figli Hope e Gus. “Siete tutto il mio mondo. Vi amo”, ha detto. È quindi arrivata una storia che Walz ha narrato altre volte, e cioè la difficoltà sua e della moglie a diventare genitori, la lotta contro l’infertilità, la decisione di ricorrere alla fecondazione assistita.

“Quando è nata la nostra prima figlia, l’abbiamo chiamata Hope, speranza”. Il racconto è servito a esibire la falsa libertà propugnata dai repubblicani, “la libertà di entrare nella camera da letto della gente. La libertà di lasciare mano completamente libera ai ricchi”. Il racconto è servito a condannare gli avversari, Donald Trump e JD Vance, che “non capiscono cosa significhi un futuro da creare insieme, in cui ognuno sia in grado di costruire il tipo di vita che vuole”. Il racconto è però servito anche a innescare uno degli episodi più forti della serata. Mentre Walz parlava della difficoltà di diventare genitore, il figlio Gus si è alzato in piedi e, piangendo, ha urlato: “È mio padre!”.

L’attacco ai repubblicani è continuato con il riferimento al “Project 2025”, il manifesto conservatore che secondo Walz sarebbe la guida ideologica di un secondo mandato Trump: “È un’agenda che non serve ad altri se non ai più ricchi e ai più estremi tra noi”, ha detto, ricordando come la prima cosa che i repubblicani faranno, nel caso di riconquista della Casa Bianca, sarà la cancellazione dell’Affordable Care Act, la riforma sanitaria di Barack Obama.

Opposto, ha spiegato Walz, il progetto di Harris: “Se siete una famiglia della middle class, o una famiglia che cerca di diventare middle class, Harris farà una cosa importante per voi. Taglierà le tasse. Colpirà gli interessi di Big Pharma, che vi stritolano con i prezzi dei medicinali”. Nel finale Walz è tornato ancora alla metafora sportiva, spiegando che “siamo indietro di un punto. Ma siamo all’attacco”. L’apparizione sul palco della Convention ha confermato dunque le ragioni della scelta di Walz come vice di Harris. Walz parla alla classe media, alla working class bianca, agli elettori delle zone rurali. E gli parla con il linguaggio franco e aperto del Midwest.

Il resto della serata è stato caratterizzato da diversi interventi significativi, da Bill Clinton all’ex speaker della Camera Nancy Pelosi al segretario ai trasporti Pete Buttigieg al governatore della Pennsylvania, Josh Shapiro, che fino alla fine ha conteso a Walz il ruolo di vice di Harris. A sorpresa è però salita sul palco dello United Center Oprah Winfrey. Non era stata annunciata e la sua partecipazione è rimasta segreta fino alla fine. Winfrey avrebbe fatto le prove audio, sul palco, coperta di un cappello, con occhiali da sole e una maschera. Nei corridoi dello United Center, ha incontrato e salutato Nancy Pelosi, che però non l’ha riconosciuta.

L’intervento di Winfrey è stato tutto centrato sul tema dell’identità americana. “L’America è un processo in divenire – ha detto l’icona televisiva e donna d’affari, che ha iniziato la sua carriera proprio a Chicago -. Richiede impegno. Richiede lavoro duro. Richiede fiducia nella democrazia”. Spiegando di essere registrata come indipendente, e di aver sempre “votato i miei valori”, ha continuato: “Mi rivolgo a voi, elettori indipendenti e indecisi. Sapete che è vero, sapete che valori e carattere valgono più di ogni cosa nella vita, e sapete altrettanto bene che in gioco a queste elezioni ci sono decenza e rispetto”.

Winfrey ha concluso con un appello a votare Harris che resterà uno degli episodi più importanti e significativi di queste elezioni. Volto tra i più popolari dello show business americano, Winfrey aveva già sostenuto Barack Obama nel 2008 e nel 2012, Hillary Clinton nel 2016 e Joe Biden nel 2020. Questa è però la prima volta che Harris partecipa a una Convention di partito, intervenendo, proprio in prime time televisivo, a favore di una candidata.

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