Giustizia & Impunità

Lodi, mille braccianti sfruttati: “Costretti a lavorare fino a 500 ore al mese e a pagare alloggi degradanti”. Sospeso l’imprenditore

Lavoravano fino a 512 ore al mese, senza ferie né permessi o riposi. E dovevano alloggiare, pagando perfino una quota che veniva decurtata dal misero stipendio, in strutture “precarie, degradanti e sovraffollate”. Un vero e proprio sfruttamento che ha riguardato oltre mille braccianti, per lo più migranti, tra il 2017 e il 2023. Ora, l’imprenditore […]

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Lavoravano fino a 512 ore al mese, senza ferie né permessi o riposi. E dovevano alloggiare, pagando perfino una quota che veniva decurtata dal misero stipendio, in strutture “precarie, degradanti e sovraffollate”. Un vero e proprio sfruttamento che ha riguardato oltre mille braccianti, per lo più migranti, tra il 2017 e il 2023.

Ora, l’imprenditore per il quale hanno lavorato – indagato per intermediazione illecita e sfruttamento del lavoro – ha ricevuto il divieto di esercitare l’attività d’impresa, disposta dal giudice per le indagini preliminari di Lodi al termine dell’inchiesta condotta dalla Finanza con gli ispettori dell’Inps, coordinati dai pm Giulia Aragno e Aurora Stasi della procura lodigiana guidata da Maurizio Romanelli.

Stando a quanto accertando nel corso dell’inchiesta, all’interno dell’azienda agricola – dove si coltivavano ortaggi – sono state 1.054 le posizioni lavorative irregolari fra 2017 e 2023, con orari di lavoro ben superiori alle 169 ore al mese previste dal contratto collettivo nazionale di riferimento.

Durante i mesi della raccolta ai braccianti, quasi tutti extracomunitari, venivano imposti turni mensili doppi senza ferie, permessi e riposi, con picchi fino a 512 ore mensili. Ore in eccesso mai dichiarate agli uffici finanziari e previdenziali che, secondo i finanzieri guidati dal comandante provinciale Piergiorgio Samaja, avrebbero fruttato un’evasione contributiva e fiscale per circa 3 milioni di euro. L’azienda è indagata per la legge sulla responsabilità amministrativa degli enti.

Stando all’inchiesta, l’imprenditore avrebbe fatto leva sullo stato di necessità dei migranti che venivano alloggiati in strutture “precarie, degradanti e sovraffollate” decurtando una quota dello stipendio per l’affitto del posto letto e il pagamento delle utenze.