di Simonetta Lucchi
I Comuni della Valle del Biois hanno invitato i cittadini a commemorare, nella giornata di martedì 20 agosto 2024, l’80° anniversario dell’eccidio della Valle del Biois. Infatti il 20 agosto 1944, a seguito di alcune azioni delle brigate partigiane, scatenarono la terribile rappresaglia nazista: gli uomini di una divisione della SS-Gebirgs-Kampfschule, di stanza a Predazzo, insieme a un battaglione del Polizeiregiment “Bozen”, composto quasi esclusivamente da sudtirolesi comandati dal maggiore Alois Schintlholzer, trucidarono in valle del Biois – fra civili e partigiani – quarantaquattro persone e incendiarono diversi villaggi, lasciando senza tetto oltre seicento persone.
All’alba del 20 agosto truppe tedesche e altoatesine giungono nella valle dal Trentino. Una colonna, guidata da Erwin Fritz, dall’altopiano delle Pale verso Canale d’Agordo; un’altra, condotta da Alois Schintlholzer (ferito poi durante le operazioni), dai passi Valles e San Pellegrino verso Falcade, con l’intento di congiungersi a Caviola (Falcade). Il primo abitato ad essere saccheggiato e incendiato è Gares (Canale d’Agordo), i partigiani decidono di non intervenire, ma ciò non evita le prime vittime.
Posti alcuni ostaggi davanti (nel tragitto ne moriranno due), la colonna si dirige a Fregona (Canale d’Agordo) per congiungersi all’altra che intanto ha dato fuoco a Tabiadon (Falcade). Il gruppo è oggetto di una raffica di mitra che causa l’uccisione di Maria Carli e Secondina Serafini. La seconda colonna fatica a raggiungere Caviola per la resistenza opposta dai partigiani al ponte sul Biois. Alla fine le due colonne si ritrovano a Falcade con circa 200 ostaggi, rinchiusi in un’autorimessa e prelevati per gli interrogatori.
La mattina dopo il rastrellamento continua con gli incendi di Caviola, Feder e Fregona. Alle 10,30 otto ostaggi vengono prelevati dal garage e fucilati sul greto del Biois, altri vengono uccisi negli incendi da raffiche di mitra o dal fuoco. Il 21 agosto i tedeschi iniziano a ritirarsi, portando con sé gli ostaggi, destinati ai campi di concentramento, e uccidendo altre persone lungo la strada. De Biasio Marino, 18 anni, viene ucciso mentre pascolava le mucche.
Il 16 agosto 1977 il giudice istruttore presso il tribunale di Bologna, Sergio Castaldo, emise dei mandati di cattura contro il comandante della SS-Gebirgs-Kampfschule, il maggiore delle SS (SS-Sturmbannführer) Alois Schintlholzer (65 anni, di Innsbruck), e il maresciallo di polizia (Zugwachtmeister) Erwin Fritz (65 anni, di Berlino, residente nella Germania Ovest a Gottinga, commissario di polizia a riposo). Tra gli imputati vi erano anche Emil Wendt (70 anni, nato a Stettino, residente a Castelrotto, parrucchiere), Domenico Mussner (65 anni, di Selva di Val Gardena, scultore in legno), Matthias Hildebrand (65 anni, di Parcines, residente a San Pancrazio, contadino), Ludwig Pattis (65 anni, di Tires, trasferitosi in Germania), Giovanni Zentgraf ed Hermand Holland (deceduti prima dell’inizio del processo) e Hans Holland (del quale si conosceva solo il nome).
Il processo iniziò nel 1979. Processati in contumacia poiché Austria e Germania Ovest non concessero l’estradizione e nemmeno la possibilità di un interrogatorio, Schintlholzer e Fritz furono difesi dall’avvocato Roland Riz, vicepresidente della Südtiroler Volkspartei (SVP) e deputato, il quale chiese per i suoi assistiti l’assoluzione con formula piena. Sei testimoni a discarico, tedeschi e austriaci non si presentarono temendo di essere a loro volta incriminati. I militari sudtirolesi furono tutti assolti per mancanza di prove e infine il 7 luglio 1979 i due comandanti furono gli unici condannati all’ergastolo, non scontando però mai la pena. Uno dei due, Fritz, venne con sentenza successiva assolto per insufficienza di prove. Schintlholzer visse libero in Austria fino a quando morì, nel 1989.