Continua il braccio di ferro fra Unione Europea e Cina: mentre Bruxelles divulga la bozza definitiva dei dazi sulle auto elettriche prodotte in Cina ed esportate nel vecchio continente, Pechino fa sapere che non resterà a guardare e farà “di tutto” per difendere gli interessi delle sue aziende.

Come ormai noto, le misure economiche sulle vetture a batteria prodotte in Cina sono arrivate al termine di un’indagine anti-dumping avviata nell’ottobre 2023: ora i costruttori del Dragone saranno costretti a subire dazi compresi dal 17 al 36,3%, da aggiungere all’imposta del 10% già in essere.

Percentuali calcolate in base al grado di trasparenza – intesa come livello di collaborazione offerta nelle indagini – dei vari costruttori cinesi, interrogati dalle autorità europee sulle dinamiche delle loro attività industriali. I dazi saranno votati a breve (non oltre quattro mesi dall’introduzione di quelli provvisori, in vigore dal 5 luglio scorso) dagli Stati membri, per diventare definitivi per una durata di almeno cinque anni.

Inutile sottolineare come le misure europee non siano affatto gradite alla controparte cinese. Dalla Repubblica Popolare fanno infatti sapere che verranno adottate “tutte le misure necessarie per difendere in modo risoluto i diritti e gli interessi legittimi” delle imprese cinesi.

Il Ministero del Commercio cinese tuona che i dazi europei di ormai imminente applicazione violano l’impegno sui principi di “obiettività, equità, non discriminazione e trasparenza” e sono incompatibili con le regole dell’Organizzazione Mondiale del Commercio. Si tratta, in altri termini, di “concorrenza sleale”. Secondo i cinesi, le restrizioni dell’Ue sui veicoli elettrici cinesi “interromperanno la stabilità della catena dell’industria automobilistica globale e di fornitura, compresa l’Ue, danneggiando gli interessi Ue e quelli dei consumatori”.

Nel frattempo, qualora non si trovasse una quadra diplomatica, le autorità cinesi si starebbero preparando alla ritorsione commerciale, stabilendo dazi su una nutrita lista di prodotti europei, in particolar modo quelli di Francia e Germania. Nel mirino di Pechino finirebbero vini, formaggi e altri latticini transalpini, nonché le automobili di fabbricazione tedesca, in particolare quelle di lusso con propulsori termici di alta cilindrata.

La Cina rappresenta il 30% delle vendite delle case automobilistiche tedesche e la Germania è di gran lunga il più grande esportatore di veicoli con motori da 2,5 litri o superiori. Il Suv GLE e le berline Classe S della Mercedes, nonché la Cayenne della Porsche sono le tre auto di fabbricazione europea più popolari in Cina e sono prodotti ad alta redditività per le aziende che le producono. Danni collaterali pure per la Slovacchia, quarto fornitore di auto con motori di grandi dimensioni in Cina.

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