Per la prima volta, c’è una donna di colore candidata alla presidenza degli Stati Uniti. Il passo, uno dei più importanti e rivoluzionari della sua storia, è avvenuto nell’arena della Convention democratica di Chicago. In un discorso di circa 35 minuti, Kamala Harris ha spiegato perché gli americani devono scegliere lei e non Donald Trump. È stato un discorso forte, appassionato, pieno di orgoglio per le proprie origini, segnato da un patriottismo estremo, durissimo nei confronti di Trump, costellato di slogan che ascolteremo spesso nelle prossime settimane, da “We are not going back” a “A New Way Forward”. La figlia di immigrati. La donna della middle class. La procuratrice che si batte contro i peggiori criminali. La voce di un’America che sceglie compassione e opportunità su privilegio e oscurantismo. È questo il bagaglio con cui Kamala Harris inizia i 75 giorni più difficili della sua vita, quelli che portano alle presidenziali del 5 novembre 2024.
Nel discorso, arrivato al culmine di una Convention che ha mostrato il rinnovato entusiasmo con cui i democratici affrontano queste elezioni, Harris ha oscillato tra un richiamo all’unità del Paese e frequenti, impietosi attacchi al suo rivale. “Con queste elezioni, l’America ha la preziosa, fugace opportunità di superare l’asprezza, il cinismo, le battaglie divisive del passato”, ha detto. Harris si è presentata sul palco dello United Center in completo blu scuro – e non in bianco, il colore delle suffragette, come attendevano alcuni. In effetti, non c’è stata da parte sua alcuna sottolineatura particolare per essere la prima donna di colore a conquistare la nomination per la presidenza. Harris ha invece da subito rivendicato il suo essere nata da un padre giamaicano e da una madre indiana, arrivata a 19 anni negli Stati Uniti “con il sogno incrollabile di diventare scienziata e curare il tumore al seno”. Con altrettanto orgoglio, ha raccontato la sua infanzia e giovinezza a Oakland, in “un bellissimo quartiere di working-class, di pompieri, infermiere, operai”.
Harris ha raccontato questa storia diverse volte nei suoi più recenti comizi, ma l’audience di ieri sera, in prime time televisivo, era immensamente più vasta e la candidata non poteva perdere l’occasione di farsi conoscere da milioni di elettori che sinora hanno sentito molto poco su di lei. Subito dopo il racconto delle origini, è venuta la parte sul suo lavoro di procuratrice e attorney general della California. Harris ha detto di aver deciso di diventare donna di legge dopo aver raccolto la confidenza, e difeso, la sua migliore amica delle superiori, Wanda, abusata sessualmente dal patrigno. “Una delle ragione per cui sono diventata una procuratrice è per proteggere persone come Wanda, perché credo che ognuno di noi abbia diritto alla sicurezza, alla dignità, alla giustizia”. Raccontando il suo lavoro in California, Harris ha ricordato di aver perseguito razziatori sessuali, colletti bianchi, boss del commercio di droga. “Ogni volta che andavo in tribunale, mi mettevo orgogliosamente davanti al giudice e pronunciavo cinque parole: Kamala Harris for the people”. Kamala Harris for the people, che era stato lo slogan della sua campagna per le presidenziali 2020, diventerà probabilmente un’altra delle frasi che sentiremo più spesso nei suoi comizi.
Sottolineare il passato di donna di legge è servito a Harris per due cose. Da un lato, rassicurare gli elettori più moderati, che potrebbero guardare con sospetto a certe sue posizioni del passato (la campagna repubblicana sta per esempio insistendo sul fatto che la candidata dem avrebbe cercato di “definanziare la polizia”). Dall’altro, tracciare un confine netto tra lei e il suo rivale. Harris ha attaccato Trump senza pietà, politicamente e personalmente. Lo ha definito “un uomo poco serio”, “interessato soltanto a se stesso”. Immaginate, ha chiesto retoricamente Harris, cosa Trump farà nel caso dovesse tornare alla Casa Bianca. “Considerate la sua volontà di liberare gli estremisti che assalirono le forze dell’ordine al Congresso. Di incarcerare i giornalisti, gli oppositori politici, chiunque egli veda come un nemico”. Ricordando la sentenza della Corte Suprema che gli riconosce un’immunità pressoché totale, Harris ha ancora una volta chiesto retoricamente agli americani: “Immaginate cosa può essere un Donald Trump senza barriere di protezione”. Continuando a opporre la sua visione a quella dell’avversario, Harris ha accusato Trump di voler arricchire i più ricchi a scapito della middle-class; di aver bloccato al Congresso un accordo sul confine meridionale per puro interesse elettorale; di voler bandire l’aborto in tutta l’America, costringendo gli Stati a indagare su ogni aborto spontaneo. “Messa in modo semplice. Sono fuori di testa”, ha detto. Dopo aver ancora una volta legato Trump al Project 2025, il progetto di restaurazione conservatrice prodotto dalla Heritage Foundation, Harris ha messo in guardia contro coloro che vogliono “riportare il Paese al passato” e ha promesso: “America, non torneremo indietro”.
Il capitolo sul programma di una sua eventuale presidenza era forse l’aspetto più delicato del discorso. Harris è stata vice di Joe Biden, un presidente non particolarmente popolare, e i repubblicani l’accusano di essere corresponsabile delle politiche degli ultimi anni in tema di economia, criminalità, immigrazione. Harris ha scelto la strada della novità e dell’autonomia dal passato. Ha citato Biden solo all’inizio, per ringraziarlo per una presidenza “che verrà considerata storica”, e poi ha proseguito come se lei, con la passata amministrazione, non c’entrasse niente. Il suo programma ricalca comunque quello del suo predecessore. Harris ha detto di puntare a tagli fiscali per la classe media – “la mia sarà un’economia dell’opportunità”, ha spiegato -; di voler tornare all’accordo sul confine naufragato per l’opposizione dei repubblicani; di appoggiare il passaggio del “John Lewis Voting Rights Act”, la legge che recupera alcune delle tutele elettorali per le minoranze; di sostenere il passaggio di una legge che riconosce il diritto all’aborto su base federale. Anche in politica estera c’è stata la riaffermazione delle scelte di Biden, con la centralità della NATO, gli aiuti militari all’Ucraina, il confronto duro con la Cina. Su Gaza, Harris ha spiegato che “starà sempre dalla parte di Israele e del suo diritto alla difesa”. Ma le sue parole sulle “sofferenze inaudite dei palestinesi, sulle vite innocenti perse, sulla gente affamata e disperata che fugge dalla Striscia… ciò che è successo a Gaza negli ultimi mesi è devastante” sono tra le più forti mai sentite da parte di un politico americano e hanno conquistato un applauso clamoroso da parte della platea. Da notare, comunque, che a nessuno dei delegati uncommitted, quelli che chiedono la fine delle operazioni militari israeliane e lo stop delle forniture militari USA a Gerusalemme, è stato permesso di parlare dal palco.
La conclusione del discorso è stata segnata da un afflato particolarmente ottimista, da “guerriera gioiosa”, come Harris stessa si è spesso definita, e dallo sforzo di presentarsi come candidata che unisce e non divide (l’aveva fatto anche Joe Biden nel 2020): “non c’è bisogno che uno di noi perda, perché gli altri possano vincere”, ha detto, aggiungendo: “America, facci mostrare al mondo chi siamo e in cosa crediamo: libertà, opportunità, compassione, dignità, giustizia e possibilità senza fine”. Mentre su Harris – sul marito Douug, su Tim Walz e su tutti gli amici, parenti collaboratori che l’hanno raggiunta sul palco – cadevano migliaia di palloncini rossi, bianchi e blu, Donald Trump chiamava Fox News, per accusare la candidata democratica di non aver fatto nulla di quanto ha esposto, nei passati tre anni e mezzo, in particolare in tema di confine e sicurezza. Sono alcuni dei temi che la campagna repubblicana riprenderà sicuramente già nelle prossime ore.