di Alessio Andreoli
A causa della mia pigrizia e della poca voglia di affrontare letture impegnative non conosco i dettagli dello Ius Scholae e dello Ius Soli, ma ho conosciuto per ragioni di lavoro, molti giovani emigrati dall’Africa. Ho anche ascoltato, nei momenti di pausa dal lavoro, le loro storie. Sono emigrati essenzialmente per due motivi, chi perché rischiava la vita a causa dei secolari conflitti tra clan o gruppi etnici e chi è emigrato per sfuggire alla fame e alla povertà assoluta.
Al di là dei motivi che li hanno spinti a venire in Italia ho avuto modo di apprezzare molto la loro voglia di crescere, di lavorare ed anche la correttezza e l’onestà sul posto di lavoro. Certo non sono tutte rose e viole, ad esempio un giorno uno di loro, bravissimo come operatore su una molto complessa macchina da stampa, un giorno non si è presentato al lavoro senza avvertire. L’ho incontrato e gli ho chiesto spiegazioni. Non sapeva che avrebbe dovuto avvisare.
Per me questo non significa affatto che fosse un lavativo, dimostra solamente che non provenendo da un paese industrializzato non poteva conoscere, né nessuno glielo aveva spiegato, le pratiche, i valori, l’organizzazione ed i corretti e dovuti atteggiamenti indispensabili per il buon andamento di un’industria. Neanche l’HR (responsabile del personale) al momento dell’assunzione gli aveva spiegato questo aspetto e nessuno ci ha pensato perché per noi è ovvio e scontato.
Personalmente, per tornare allo Ius Scholae ed al Ius Soli, ritengo che non sia solo nel nostro interesse e nell’interesse di tutti, ma anche un dovere di un paese civile permettere a questi volenterosi giovani emigrati di acquisire la cittadinanza in modo chiaro e semplice evitando arzigogolati, tortuosi e contorti percorsi costruiti ad arte per demotivare e scoraggiare proprio chi volesse fare domanda di cittadinanza.
Non contento voglio aggiungere all’aneddoto personale di cui sopra, quanto ho letto in questi giorni sull’Arena (quotidiano di Verona e provincia) a proposito di un giovane tunisino che avendo trovato su una panchina un portafoglio con diversi soldini dentro, si è immediatamente recato al posto di polizia affinché fosse restituito al legittimo proprietario.
Sul giornale c’è la foto di questo giovane ed io, influenzato dalle recenti cronache che riportano tutte le dichiarazione del generale Vannacci sull’italianità, ho guardato attentamente la foto, ma ahimè non ho colto nessun segno di italianità nei tratti somatici di questo onesto giovane. Colto da una profonda incertezza e confusione mi sono guardato allo specchio.
Improvvisamente mi ha colto una profonda crisi di identità e mi sono chiesto se basta la cittadinanza e l’italianità per essere automaticamente onesti, giusti, trasparenti e rispettosi perché se così fosse temo che sarebbe ora di convertire in tunisina la cittadinanza italiana di molti parlamentari, funzionari e politici dell’arco costituzionale. Poi, dopo pochi minuti mi sono tranquillizzato perché si è fortemente radicata in me la convinzione che sono stato solamente una persona fortunata ad incontrare bravi giovani ed onesti emigrati ed il caso del tunisino che restituisce il portafoglio pieno di soldi è la classica eccezione che conferma la regola.
Quale regola? Fate un po’ voi oppure chiedete a Salvini o Vannacci di che regola si tratta…