A quattro giorni dal naufragio del Bayesian, di chiarezza sulla dinamica dei fatti ce n’è davvero poca. Nell’ambiente nautico prevalgono sbigottimento e silenzio davanti a una vicenda che al momento non si spiega. Certo non aiutano a capire cosa sia effettivamente successo le fake news circolate fin dalle prime ore della disgrazia, come quella dell’albero spezzato, che invece è ancora intero o quella del buco sullo scafo, che al momento non si vede o ancora dell’onda anomala che avrebbe sfondato le vetrate, quando i sub per entrare hanno dovuto rompere un vetro con un martinetto. Così, in attesa che la nave sia tirata fuori dall’acqua, mostrando anche il fianco che è appoggiato sul fondo del mare, si può soltanto fare i conti con quel poco che sappiamo.

La nave era “inaffondabile”, ha detto nei giorni scorsi Giovanni Costantino, il patron di The Italian Sea Group, società quotata in Borsa proprietaria dei Cantieri Perini di Viareggio che hanno costruito il Bayesian nel 2008. Una visione di parte? Senz’altro, ma nessuna barca a vela è progettata per affondare. Meno che mai lo è uno yacht altamente tecnologico come il Bayesian, che è stato progettato per far fronte a situazioni decisamente avverse, anche in mezzo all’oceano e anche per diversi giorni di fila.

“Le Perini Navi sono costruite per resistere a sollecitazioni fortissime e in regata arrivano a piegarsi anche intorno ai 35 gradi – spiega al ilfattoquotidiano.it un ingegnere del cantiere – . L’equilibrio di navi così grandi viene garantito dalla chiglia che, nel caso della nostra nave, completamente fuori fornisce un contrappeso di 50 tonnellate, che sviluppa un momento raddrizzante che rimette in asse la nave con chiglia fuori fino a 88 gradi e con chiglia dentro fino a 73 gradi“. In altre parole anche con il pescaggio ridotto, la barca è in grado di limitare lo sbandamento.

Certamente qualsiasi scafo affonda se l’acqua entra, ma per far affondare una barca di quelle dimensioni in 16 minuti ci vuole tanta, tantissima acqua, che entri da un’apertura di notevoli dimensioni, non certo un buchetto. “Centinaia di migliaia di litri“, quantifica sommariamente l’ingegnere per il quale “questo si verifica in due circostanze: se la nave ha una falla, vedi Concordia, o se non vengono chiusi i portelli a scafo e altre aperture in situazioni di emergenza”. La questione non è banale: con tutte le porte e i portelloni chiusi la nave è perfettamente stagna, anche il vano garage che nel Bayesian si trova a prua, ma soprattutto la spiaggetta di poppa e l‘accesso laterale di sinistra e si chiudono con dei portelloni. Quando è in movimento e i motori sono accesi, ci sono dei sensori che danno l’allarme se c’è qualcosa di aperto, quando è ferma ci pensa l’equipaggio.

Inspiegabile che fosse tutto aperto, così come non si spiega come sia possibile che l’ancora della nave non abbia tenuto (in gergo ha spedato) cosa che invece ha fatto quella della goletta quasi centenaria intitolata al padre dei boy scout che si trovava nella stessa rada del Bayesian. “La catena era probabilmente corta, bisognava che fosse srotolata per una lunghezza pari a 3 volte la profondità”, nota il tecnico del cantiere, ma l’errore che ipotizza sarebbe davvero grossolano. Incredibile per un equipaggio che è stato invece prontissimo con le zattere di salvataggio e che, al di là dell’indiscutibile esperienza del 51enne comandante neozelandese James Cutfield, in base alla normativa inglese, come impone la bandiera del Bayesian, per poter stare al timone di una nave di 56 metri deve avere esperienza, titoli e certificazioni di altissimo livello.

Ecco la pianta della nave al momento della varo nel 2008:

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