La delega che sarà affidata al prossimo commissario italiano in Ue fornirà un’idea più chiara su quale sarà il ruolo dell’Italia nella prossima legislatura europea. Il governo di Giorgia Meloni teme la marginalizzazione, dopo l’affronto a Ursula von der Leyen concretizzatosi con il voto contrario in Parlamento sulla sua conferma a Palazzo Berlaymont. E non è forse un caso che, mentre si avvicina la deadline del 30 agosto per la presentazione dei candidati, l’Italia sia rimasta tra i cinque Paesi su 27, insieme a Portogallo, Danimarca, Belgio e Bulgaria, a non aver ufficializzato i nomi. Questa indecisione lascia pensare che un’intesa con la politica tedesca non sia stata trovata.
A complicare il tutto vi è anche la richiesta di von der Leyen di un equilibrio di genere nei nomi che le verranno sottoposti: per la precisione, ha chiesto che vengano individuati un candidato uomo e uno donna. Ma pochi Stati hanno seguito le sue indicazioni. Ad esempio, Romania e Lussemburgo hanno proposto due uomini. Così, su 22 candidati attualmente ufficializzati ben 16 sono di sesso maschile, con un inevitabile squilibrio di genere anche all’interno della prossima Commissione Ue. Una situazione che rappresenta un paradosso se si pensa che, senza indicazioni, la Commissione uscente era composta quasi esattamente dallo stesso numero di uomini e donne. Al di là delle richieste di von der Leyen, i Trattati concedono piena libertà agli Stati membri: sono loro ad avere il diritto di esprimere la preferenza e da nessuna parte si fa cenno alle cosiddette quote rosa.
Tornando all’Italia, però, quello di genere sembra essere l’ultimo dei problemi. Il governo Meloni non ha molti nomi di peso da spendere in Europa e a rendere più difficile la scelta è il rischio concreto che a Roma possa non toccare una poltrona prestigiosa, dopo lo sgarbo e la rottura con von der Leyen. Il governo cercherà di far valere il proprio ruolo di Stato fondatore e terza forza dell’Ue all’interno del Consiglio, ma non è affatto scontato che questo basti a fargli ottenere le deleghe sperate. Per questo anche il nome di Raffaele Fitto, in lizza fin dall’inizio delle contrattazioni, potrebbe essere stato messo in standby. Privarsi del ministro per gli Affari Europei, il Sud, le politiche di Coesione e il Pnrr, che dovrebbe poi essere rimpiazzato, magari per andare a occupare un posto non così prestigioso a Bruxelles potrebbe portare più grattacapi che benefici. L’altro nome circolato è quello della direttrice del Dipartimento delle informazioni per la sicurezza (Dis), Roberta Belloni, un profilo diplomatico e non politico che confermerebbe la rosa scarna dalla quale deve attingere Giorgia Meloni.
Qualunque sia la decisione definitiva del governo italiano, rimane appena una settimana per comunicarla a Palazzo Berlaymont, poi gli aspiranti commissari dovranno ottenere l’approvazione del Parlamento Ue che svolgerà delle audizioni singole e, successivamente, andrà al voto finale sul collegio. Resta da vedere se von der Leyen vorrà imporre le sue quote di genere o preferirà andare verso un inizio più sereno di legislatura. Intanto dalla Commissione non si esprimono: “Non siamo telecronisti sportivi che devono commentare ogni azione del gioco”, ha detto il portavoce Eric Mamer.