Ogni anno fa e farà più caldo. Siamo solo ad agosto, ma le statistiche dei primi sette mesi dicono che questo sarà l’anno più caldo della storia. Se le previsioni del Servizio per il cambiamento climatico di Copernicus verranno mantenute, il 2024 segnerà un nuovo (amaro) record, scalzando il precedente primato del 2023. Di questo passo, saremmo costretti ad aggiornare il record ogni 12 mesi: “Quello di cui possiamo essere praticamente certi è che il 2024 sarà l’anno più fresco dei prossimi 50 anni”, commenta a ilfattoquotidiano.it Luca Mercalli, climatologo e divulgatore scientifico. Di questo passo, secondo gli studi, entro il 2100 i morti causati dalle ondate di calore in Italia triplicheranno. Con l’accumulo di ciò che non è stato fatto, arrivati al livello a cui siamo, invertire il trend è quasi impossibile. Ma si può intervenire per far sì che la situazione non peggiori ulteriormente. “Il riscaldamento globale ha delle inerzie enormi – prosegue Mercalli -. È come uno che ha fumato tutta la vita: non è che quando smette i polmoni sono come nuovi il giorno dopo”. È un avvelenamento costante. Come prima cosa, bisognerebbe sopprimere la causa, eliminando le emissioni di gas serra. Ma nel 2023 abbiamo toccato il valore massimo di sempre: 60 miliardi di tonnellate di CO2 equivalente (la dicitura che mette insieme le emissioni di petrolio, carbone e gas con quelle provocate dagli allevamenti di bestiame, dalla deforestazione, dai gas dei condizionatori e dei frigoriferi). “I gas serra sono sempre di più – spiega -, dobbiamo intervenire subito. Non c’è una bacchetta magica. Ma il cambiamento climatico mette in discussione tutta la nostra vita“.

I limiti di innalzamento delle temperature previsti dall’accordo di Parigi del 1994 sono già stati superati: la soglia di 1,5 °C sopra i livelli medi del periodo preindustriale è già stata raggiunta. “Ormai il grado in più non è più guaribile, rimarrà per millenni. Ma possiamo lavorare per far sì che questo superamento sia temporaneo e reversibile, e non stabilizzato”, commenta il climatologo. Ma per farlo, dobbiamo eliminare le emissioni. In caso contrario, nel 2100 saremo ben oltre i 2 °C di riscaldamento, individuati come soglia massima dall’accordo di Parigi per evitare che le generazioni più giovani si ritrovino a vivere in un “pianeta ostile“. “Se applicassimo l’accordo del ’94 adesso, per come è sulla carta, arriveremmo al 2100 toccando i +2,7 °C. Ma siccome non lo stiamo applicando, le temperature saranno anche più alte”. Tanto che i ricercatori del Joint Research Centre della Commissione Europea, in un report pubblicato pochi giorni fa, hanno stimato un aumento di 3 °C. In questo scenario, i morti causati dalle ondate di calore in Italia triplicherebbero, raggiungendo ogni anno le 28.200 vittime. Se si dovesse salire di 4°C – lo scenario peggiore – si arriverebbe a oltre 45mila morti. Lo studio del centro europeo prevede che tutto il continente assisterà a un aumento della mortalità legata al caldo, ma identifica l’Italia come uno dei Paesi che subirà le conseguenze peggiori. Tra qualche anno avremo 50°C a Siracusa e 45 °C a Milano. “Abbiamo un paesaggio così vario che, dalla vetta del Monte Bianco a Pantelleria, abbiamo praticamente tutti i rischi possibili – spiega Mercalli -. Tranne l’uragano tropicale, che non si può formare. Al massimo possiamo avere i ‘medicane’, gli uragani mediterranei, di cui abbiamo avuto un esempio nel caso dello yacht affondato a Palermo. Con il riscaldamento globale, questi episodi diventeranno più frequenti“.

Superati i 2 °C di innalzamento delle temperature, il già citato “pianeta ostile” costringerà i suoi abitanti a confrontarsi sempre con maggior frequenza con eventi climatici estremi che avranno a loro volta sempre maggiore intensità. “Più fa caldo più hai energia in atmosfera disponibile per alimentare questi episodi. Andrà tutto moltiplicato per due. Guardiamo già oggi quanto ci sta costando il cambiamento climatico. Parliamo di miliardi di euro e di tante vite umane. Pensiamo agli ultimi grandi eventi: 10 miliardi per l’alluvione in Emilia Romagna, uno per quella di Campi Bisenzio, tre per la grandinata del 24 luglio 2023. Solo per l’anno scorso, siamo nell’ordine di grandezza dei 15 miliardi di euro“, commenta Mercalli. E a chi dice che gli eventi estremi come questi ci sono sempre stati, risponde: “È vero, ma la loro frequenza e intensità sono sempre maggiori, e questo è per colpa del cambiamento climatico. Una grandinata con pezzi di ghiaccio grossi come nocciole è diversa da una in cui cadono palle da tennis. Così come cambia molto se un episodio come questo si verifica una volta nella vita o una volta l’anno“.

Eppure i negazionisti del cambiamento climatico hanno sempre più seguaci. “Era più facile parlare di queste cose trent’anni fa che oggi – commenta il divulgatore -. Non si faceva niente di concreto neanche allora, ma almeno non c’era un’ostilità così dichiarata. Ora il gioco si fa duro perché si devono andare a toccare davvero gli interessi economici di chi basa il suo business su emissioni inquinanti. Prima eravamo talmente lontani dall’applicazione delle leggi contro il cambiamento climatico che era meno necessario ostacolarle. Ora invece ci sono provvedimenti che spostano miliardi di euro, come il Green Deal dell’Unione Europea. Chi ha in mano certi tipi di potere foraggia e appoggia il negazionismo. Sono lobby ben organizzate”. A questo ci aggiungiamo l’inasprimento giuridico nei confronti di chi manifesta in modo agguerrito contro il collasso ecologico: “Queste leggi nuove che ti mettono in galera non appena metti piede in piazza scoraggiano i giovani”.

Di fronte alle difficoltà dimostrate dal sistema economico globale di rinnovarsi e applicare realmente politiche per la riduzione delle emissioni, nell’ambiente scientifico si sta facendo strada anche la proposta di raffreddare il pianeta artificialmente attraverso la geoingegneria. Il ragionamento è: siamo messi così male che dobbiamo intervenire in modo diverso, perché non riusciremo a ridurre i gas serra in tempo. Ci sono troppi interessi che remano contro. Non potendo intervenire sulla causa dell’avvelenamento, alcuni scienziati ritengono di poter agire sui sintomi: trovare il modo di togliere la CO2 dall’atmosfera o addirittura di raffreddare artificialmente il clima. “Sono cose estremamente complicate e che difficilmente riusciremo a fare – commenta Mercalli -. Nella migliore delle ipotesi questi sistemi richiedono una quantità enorme di energia, quindi siamo punto e daccapo. In altri casi, siamo quasi di fronte a teorie fantascientifiche“. E conclude: “Ammesso che funzioni, il raffreddamento artificiale dell’atmosfera ci renderebbe schiavi. Basterebbe interrompere il trattamento per sei mesi, per qualsiasi motivo, per ritrovarsi in situazioni molto complicate“.

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I negazionisti non sono cattivi, ma il prodotto di sistemi didattici che li hanno disegnati così

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