Questo fine settimana, più del congresso del Partito democratico e dell’incoronazione di Kamala Harris quale candidato alla Casa Bianca, ad influenzare il destino degli Stati Uniti nei prossimi quattro anni potrebbe essere l’incontro annuale dei super banchieri centrali a Jackson Hole, nel Wyoming. È in questa sede, infatti, ed a porte chiuse che la politica monetaria americana dei prossimi mesi verrà formulata. Mesi fondamentali in quanto a ridosso delle elezioni presidenziali di novembre.

Ci si domanda se e di quanto sarà il tanto anticipato taglio dei tassi d’interesse promesso per settembre e se sarà in grado d’influenzare il voto, naturalmente nessuno possiede la risposta ma secondo i mercati il taglio sarà sostanzioso e con molto probabilità avrà un effetto positivo sul partito in carica alla Casa Bianca. È possibile ma non è affatto certa né l’una né l’altra previsione.

L’economia americana si trova in una situazione peculiare creata da due fattori atipici: un prolungato periodo di tassi d’interesse bassi e negativi e l’impatto dei lockdown sull’economia reale. Anche se verificatesi prima della sua elezione, entrambi hanno caratterizzato i quattro anni della presidenza Biden. Proprio perché l’impatto si è sentito quando al timone del comando c’era lui, nell’immaginario collettivo americano sua è la responsabilità. L’economia spesso fa scherzi di questo genere perché ha cicli ben più lunghi della politica.

E veniamo alla situazione peculiare economica attuale. Il mercato immobiliare è fermo, tradizionalmente questo significa che una recessione è in atto o sta per verificarsi. Ma il motivo per cui la gente non cambia casa o non la acquista per la prima volta non è ne la sfiducia nell’economia o né la mancanza di sufficienti fondi e linee di credito per farlo, l’ostacolo principale è il livello dei tassi d’interesse.

Negli Stati Uniti chi ha un mutuo a tasso fisso sotto il 2 per cento, e cioè contratto alla fine dei lockdown, non ha nessun incentivo a muoversi. I mutui non possono essere trasferiti da un’abitazione all’altra, ciò significa che per cambiare casa bisogna negoziarne uno nuovo ai tassi attuali, tra il 6 e l’8 per cento. Chi il mutuo non lo ha e vuole acquistare una prima casa aspetta che i tassi tornino al 2 per cento, perché non dovrebbero? Si pensa. L’unico modo per sboccare questa situazione di stallo è abbattere i tassi d’interesse, se non proprio riportarli ai livelli del 2020, dare almeno l’impressione che il trend al ribasso sia iniziato e così facendo offrire la possibilità ai nuovi acquirenti di rinegoziare i mutui a tassi sempre più bassi in un prossimo futuro.

Abbattere i tassi, però, potrebbe riossigenare l’inflazione, altro fattore chiave. Il forte mercato del lavoro, dove gli indici dell’occupazione non accennano a scendere a livelli pre-recessivi la mantiene a livelli alti e fa temete che ciò avvenga. Powell, il governatore della Federal Reserve è stato fino ad ora molto cauto a riguardo, ha lasciato i tassi ai livelli attuali e così facendo si è mosso in modo opposto ai colleghi europei e britannici che invece li hanno tagliati.

In un anno elettorale, e soprattutto negli ultimi mesi della corsa alla Casa Bianca, una politica monetaria espansionista (taglio dei tassi) è sempre auspicabile per il partito al potere, ma nella situazione attuale, con l’inflazione che ancora erode gli stipendi, questa politica potrebbe diventare un boomerang. A differenza di altri indicatori economici l’inflazione si muove molto velocemente e non è detto che tra settembre e novembre non guadagni due punti percentuali.

Per tutti questi motivi a Chicago nessuno ha parlato di politica monetaria, certo si sono fatte tante promesse riguardo al settore immobiliare, ad esempio costruzioni di case popolari ed aiuti all’acquisto per chi si avvicina per la prima volta al mercato immobiliare, senza però menzionare le difficoltà finanziarie a metterle in atti con differenziali di tassi d’interesse tra il 4 ed 6 per cento rispetto a 4 anni fa; si sono fatte promesse anche sull’abbattimento dei costi della spesa delle famiglie, senza però specificare le politiche per ridurre l’inflazione alimentare; promesse di aiuto alle famiglie povere senza spiegare da dove arriveranno i fondi per farlo, tasse più alte? O si tornerà a stampare carta moneta?

La cautela di Powell riguardo alla politica monetaria e l’assenza di dettagli economici nella campagna elettorale dei democratici mettono in evidenza le difficoltà reali con cui gli Stati Uniti si devono confrontare. Difficoltà nuove, che né la Federal Reserve né la Casa Bianca hanno mai affrontato prima. Non esiste, dunque, un precedente storico da cui attingere. Chi pensa che la situazione attuale sia simile agli anni Ottanta o alla metà degli anni Novanta sbaglia, nessuno dei due periodi aveva sperimentato tassi d’interesse negativi e prolungati lockdown.

L’eccezionalità del momento economico attuale non può essere quantificata negli exit poll, come è impossibile quantificare le conseguenze di una politica monetaria rispetto all’altra qualora Powell decida di tagliare i tassi o mantenerli invariati, tuttavia l’andamento dell’economia nei prossimi mesi potrebbe facilmente diventare il fattore determinate nella scelta che si farà alle urne.

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