Tra i sostenitori dell’hashtag #FreePavel c’è anche Elon Musk. L’arresto a Parigi di Pavel Durov, fondatore di Telegram e figura chiave nel mondo della tecnologia, ha scatenato dure reazioni sui social e non solo. Uno dei più attivi nel dibattito è proprio Musk, proprietario della piattaforma X (ex Twitter). Il miliardario sudafricano è sempre attento a inserirsi nel dibattito online sulle questioni che riguardano la libertà di parola. Anche perché il suo X è sotto i riflettori dell’Unione Europea, e in particolare del commissario Thierry Breton, per le attività di contrasto all’odio online e alla disinformazione. Era lecito aspettarsi, dunque, un suo commento all’arresto di Durov. Musk ha criticato duramente la situazione, definendo l’arresto del patron di Telegram una punizione sproporzionata: “20 anni… di carcere – ha scritto su X -. È il 2024 e in Europa si viene giustiziati per il like a un meme”, ha aggiunto, chiedendosi se il prossimo a essere arrestato sarà proprio lui. Dopo Telegram, ha suggerito Musk, altre piattaforme come X potrebbero essere le prossime a finire sotto pressione. L’amministratore delegato della Tesla ha espresso preoccupazione per i tempi “pericolosi” in cui viviamo e ha ironizzato sulla posizione della Francia riguardo ai diritti, evocando (e storpiando) il motto della nazione: “Liberté. Liberté! Liberté?”.

I difensori di Durov si sono mossi anche per vie istituzionali. L’Ambasciata russa a Parigi ha accusato oggi le autorità francesi di “rifiutarsi di cooperare” con Mosca sul fermo nella capitale francese del fondatore di Telegram, che ha la doppia nazionalità russa e francese. “Abbiamo immediatamente chiesto alle autorità francesi di spiegare le ragioni della sua detenzione e abbiamo chiesto che i suoi diritti siano protetti e che gli sia concesso l’accesso consolare – ha affermato l’Ambasciata, citata dall’agenzia di stampa Ria Novosti -. Ad oggi, la parte francese si è ancora rifiutata di collaborare su questo tema”.

Per il vicepresidente del Consiglio di sicurezza russo, Dmitry Medvedev, Pavel Durov “ha sbagliato i calcoli” quando ha lasciato la Russia: in Occidente è ancora considerato non un uomo di pace, ma un “russo pericoloso”, ha scritto proprio su Telegram. “Una volta, tempo fa, chiesi a Durov perché non volesse collaborare con le forze dell’ordine in caso di reati gravi. ‘Questa è la mia posizione di principio’, affermò. ‘Allora ci saranno problemi seri in ogni Paese’, gli dissi – racconta Medvedev -. Ha ritenuto di avere i maggiori problemi in Russia e se n’è andato, ottenendo poi anche permessi di cittadinanza o residenza in altri Stati. Voleva essere un brillante ‘uomo di mondo’ che vive benissimo senza patria. ‘Ubi bene ibi patria!’ (Dove sto bene lì è la mia patria, ndr). Ha sbagliato i calcoli. Per tutti i nostri nemici comuni, ora è russo, e quindi imprevedibile e pericoloso. Di sangue diverso. Non certo Musk o Zuckerberg. Durov dovrebbe finalmente rendersi conto che la Patria non può essere scelta“.

L’arresto di Durov e le conseguenti reazioni portano a galla la grande tensione che avvolge il dibattito sui principi di libertà di espressione, la sicurezza nazionale e la regolamentazione delle piattaforme digitali. La vicenda potrebbe avere ripercussioni significative sul futuro di Telegram e sulla discussione globale riguardo alla privacy online e alla libertà di parola. Telegram è un servizio di messaggistica istantanea crittografato e gratuito basato su cloud ed erogato dalla società Telegram LLC, una società a responsabilità limitata con sede a Dubai. A Durov, che ha fondato anche il social network russo Vk, sono contestate alcune irregolarità, come la mancanza di moderazione e di cooperazione con le forze dell’ordine, oltre alla presenza di numerosi strumenti, come lo scambio di criptovalute, che renderebbero la piattaforma complice di attività illegali, dal traffico di droga alle frodi.

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