“Sono rimasto sorpreso della reazione di Grillo considerando che ha sempre predicato il principio fondativo della democrazia dal basso. Ora che questo si realizza, secondo regole chiare e condivise, mi colpisce la sua volontà di porre paletti o predeterminare alcuni risultati“. A dirlo, in un’intervista a Repubblica, è il leader del Movimento 5 Stelle Giuseppe Conte. L’ex premier ribatte alle accuse degli ex M5s ritenuti vicini al garante-fondatore di aver trasformato il Movimento in un “partito personale“: “Una sonora sciocchezza – la liquida Conte – Non ricordo che in passato sia mai stata fatta una costituente dal basso con piena libertà di defenestrare anche il leader o approvare indirizzi da lui non condivisi”. Ad ogni modo per il presidente del M5s non c’è un rischio di scissione: “Abbiamo avviato un processo costituente inarrestabile per dare possibilità a tutti di esprimersi su temi e obiettivi strategici del Movimento – spiega nell’intervista – In soli quattro giorni sono già pervenuti 8mila contributi, di iscritti e non iscritti, con varie proposte politiche o di modifica delle regole organizzative”.
Quanto al rischio che Grillo si riprenda il simbolo, Conte replica che il fondatore ha “assunto precisi impegni contrattuali che lo obbligano a non sollevare mai questioni sull’utilizzo del simbolo”. Il tema centrale sembra ancora il limite dei due mandati. L’ex premier spiega che la discussione è “in atto da tempo” e “ha già comportato, prima che io arrivassi alla guida del M5s, una modifica della regola. Non voglio in alcun modo condizionarne l’esito, mi limito a registrare che soprattutto in alcune tornate amministrative la regola rischia di svantaggiarci”.
Non è allora che magari il problema di Grillo è che il M5s si allea con il Pd?, gli chiede l’intervistatore, Stefano Cappellini. “Non credo – risponde Conte – Grillo stesso è stato promotore del sostegno al governo Draghi” e in più, ricorda l’ex premier, non penso Grillo voglia rinnegare la vocazione primigenia del Movimento, fondata su ecologia e giustizia sociale“, temi – riflette implicitamente Conte – che contraddistinguono i progressisti di oggi. Da qui alla composizione del “campo largo” ne passa: quella, afferma il leader M5s, è “una formula giornalistica che non significa nulla. A me interessa costruire un’alternativa seria a Meloni che ha deluso molti dei suoi stessi elettori. Si vanta di essere invisa ai poteri forti e invece si è raccomandata a loro“. Poteri forti nel senso di Usa, Ue, ma anche in politica interna: “L’unica volta – ricorda l’ex premier – che ha provato ad alzare il dito contro le banche, con la tassa sugli extraprofitti, è subito tornata indietro con tanto di scuse”.
Repubblica annota che il direttore del Fatto Quotidiano Marco Travaglio in un’intervista al Corriere della Sera ha paragonato la premier Giorgia Meloni proprio a Conte, entrambi a Palazzo Chigi “senza la cooptazione dei poteri forti“. “Rispetto il giudizio di Travaglio – risponde Conte ma noto che Meloni, ammesso che fosse invisa ai poteri forti, ha fatto di tutto per diventare la loro beniamina“. Concetto che in verità Travaglio ha chiarito nella stessa intervista: “Ha dovuto promettere fedeltà agli americani, all’Europa, a tutti quelli che ha dipinto come poteri forti, pensiamo ad esempio al rapporto super compiacente che ha avuto con il governo Draghi“.
A proposito di poteri forti. E sul ritorno di Matteo Renzi nel centrosinistra cosa dice Conte? “Per aggregare un due-tre per cento di voti, si farebbero scappare tutti gli elettori del M5s e anche una buona parte di quelli del Pd. In tanti mi fermano per strada e mi implorano di non imbarcare Renzi. Temono la sua capacità demolitoria, si è sempre distinto per farli cadere, i governi, anziché per farli durare. Senza contare le volte che in Parlamento ha votato con la destra”. E, forse a sorpresa, indica lo ius scholae come tema su cui rilanciare l’azione delle opposizioni unite, un po’ com’è successo durante lo scorso anno sul salario minimo che poi ha portato alla raccolta firme.
Infine c’è la questione della politica estera che di questi tempi è giocoforza in cima all’agenda politica. Conte spiega che la critica a Meloni sulla sua adesione pedissequa alla linea di Usa e Ue parte dal fatto che “per noi una politica progressista è quella che si batte per la pace, che impone una svolta negoziale sul conflitto russo-ucraino, che è intransigente con Netanyahu in Medio Oriente. Chi ha dignità non può essere complice dello sterminio di donne e bambini a Gaza e delle azioni criminali dei coloni in Cisgiordania“. E quale risultato auspica alle elezioni presidenziali americane? “Giudicheremo la prossima presidenza sui fatti – risponde Conte -. Alla convention democratica sono emersi temi interessanti e in linea con una forza progressista, come il progetto di eliminare i debiti legati a spese mediche, la volontà di mettere un tetto ai prezzi dei generi alimentari e la previsione di sussidi per l’acquisto della prima casa”.