Emmanuel Macron ha detto no alla formazione di un esecutivo di sinistra. Al termine del primo round di negoziati per la formazione del governo, a sette settimane dal voto delle legislative, il presidente francese ha escluso l’opzione di un governo di sinistra “in nome della stabilità costituzionale” e ha annunciato un nuovo round di consultazioni a partire dal 27 agosto. Un passo indietro netto dopo l’apertura dei giorni scorsi a un esecutivo guidato da Lucie Castets, candidata del Nuovo Fronte Popolare – vincitore delle elezioni con 193 seggi in Assemblée Nationale, ma molto lontano dalla maggioranza assoluta di 289. La gauche non ci sta: il comunista Fabien Roussel ha esortato ad “una grande mobilitazione popolare nei prossimi giorni”. E La France Insoumise di Jean-Luc Mélenchon ha comunicato di voler presentare in Parlamento una mozione per la “destituzione” del presidente Macron.

Un simile esecutivo “sarebbe immediatamente censurato da tutti gli altri gruppi rappresentati nell’Assemblea nazionale” e “la stabilità istituzionale del nostro Paese ci impone quindi di non scegliere questa opzione”, scrive l’Eliseo in una nota. Il capo di stato “invita tutti i leader politici ad essere all’altezza della situazione dimostrando uno spirito di responsabilità”, e in particolare esorta i socialisti, i comunisti e gli ecologisti a “cooperare con le altre forze politiche”. Emmanuel Macron avvierà il 27 agosto “un nuovo giro di consultazioni” per trovare un primo ministro – che sostituisca Gabriel Attal -, con i leader dei partiti e “personalità che si distinguono per la loro esperienza al servizio dello Stato e della Repubblica”, prosegue l’Eliseo. “La mia responsabilità è quella di garantire che il Paese non sia né bloccato né indebolito“, scrive il presidente.

Dopo l’apertura di Macron a Lucie Castets, sia i Repubblicani che la maggioranza di Renaissance – il partito di Macron – avevano bocciato un possibile esecutivo con La France Insoumise, minacciando la sfiducia “alla prima uscita in Parlamento”. Così, il 24 agosto, Mélenchon ha giocato la sua carta: rivolgendosi ai dirigenti macroniani e alle destre ha detto di essere disposto a far partire un governo del Nuovo Fronte Popolare con Castets premier, rinunciando a ministri del suo partito. La volontà del leader de La France Insoumise era quella di svelare un presunto bluff di Macron: il suo rifiuto – cosa che poi è effettivamente successa – avrebbe mostrato alla Francia che quello di Repubblicani e macroniani era solo un pretesto per far naufragare i negoziati.

La France Insoumise (Lfi) presenterà anche una mozione di sfiducia contro qualsiasi proposta di primo ministro diverso da Lucie Castets. “La gravità del momento esige una risposta decisa della società francese contro l’incredibile abuso di potere autocratico di cui è vittima”, comunica il partito. Ma tutta la sinistra è insorta, chiamando alla mobilitazione di piazza e gridando a “un colpo di mano antidemocratico, completamente inaccettabile, sulla base di un’argomentazione che non ha senso”, secondo le parole del numero due di Lfi, Manuel Bompard. È stato lui a confermare che il suo partito non parteciperà “ad un nuovo tentativo di consultazioni”, mentre Jean-Luc Mélenchon, su X, ha accusato Macron di aver “creato una situazione di un’eccezionale gravità” ed ha anche lui invocato “una risposta popolare e politica rapida e ferma”. Per la leader degli Ecologisti, Marine Tonderlier, “invocare la stabilità quando si è sciolto senza alcuna concertazione il Parlamento e quando si rifiuta il risultato di un’elezione per la quale i francesi si sono mobilitati come mai in passato, è di un’irresponsabilità democratica pericolosa“.

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